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Quegli "influencer" dei barconi che fanno il tifo contro il governo

Nella loro visione del mondo, non c’è spazio per il «diritto a non migrare»

Quegli "influencer" dei barconi che fanno il tifo contro il governo

Nella loro visione del mondo, non c’è spazio per il «diritto a non migrare». Che poi sarebbe il diritto di restare nella propria patria, almeno quando si può. Sono gli influencer degli sbarchi ad alto rischio. Il tutto in nome dell’internazionalismo dei flussi. E dell’impossibilità di garantirne una gestione equilibrata, controllata, condivisa. L’accostamento tra personaggi dell’arte o dello spettacolo e navi Ong ricorre ormai con regolarità. L’ultimo caso è quello della Louise Michel, imbarcazione di un’Ong finanziata da Banksy, bloccata nel porto di Lampedusa per aver violato il decreto Piantedosi. Il fermo, per la Guardia Costiera, è servito pure a scongiurare «che la stessa prendesse a bordo un numero di persone tale da pregiudicare sia la sua sicurezza che quella delle imbarcazioni di migranti a cui avrebbe prestato soccorso».

Da che parte risiede la tanto sbandierata umanità? E la vera ideologia è quella di chi ferma queste pratiche o quella di chi vorrebbe continuare a soccorrere ad ogni costo? Tornando agli influencer, chiamati cosi per interpretazione estensiva, l’elenco è lungo. Dalla boutade, per ora solo quella, di Fedez, al finanziamento di Ghali alla Mediterranea Saving Humans, passando per i toni scandalizzati di Richard Ghere sul caso Open Arms. «Ma come? Pensai - dichiarò l’attore al Guardian - .
L’Italia, un Paese cristiano, che criminalizza coloro che cercano di aiutare persone in difficoltà?». L’Italia, un Paese cristiano, che vorrebbe evitare di essere l’unico a occuparsi di un fenomeno globale.

L’Italia, almeno quella di questo governo, che sa che il «prossimo» non è né un like né un capriccio ideologico.

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