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La rivolta dei rettori contro i violenti

Dalla Sapienza di Roma alla Federico II di Napoli: «Irricevibili le richieste dei facinorosi»

La rivolta dei rettori contro i violenti

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I rettori fanno blocco unico contro collettivi e anarchici infiltrati che vogliono “incendiare” l’intifada nelle Università italiane. Da Roma a Napoli: i magnifici si ribellano dopo le violenze contro polizia e docenti avvenute martedì sera a Roma. Il rettore della Sapienza Antonella Polimeni non cede alle richieste che arrivano dai vari gruppi dell’estrema sinistra universitaria: nessun partenariato con gli Atenei israeliani sarà cancellato. L’onda di violenza, da Pisa a Roma, di collettivi e centri sociali sbatte contro la fermezza dei rettori. Oggi alle 10 è in programma una riunione della Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane. Sul tavolo approda il dossier sicurezza. Per il 24 aprile invece è fissato un comitato per l'ordine e la sicurezza con il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e la ministra dell'Università Anna Maria Bernini. La presidente della Crui Giovanna Iannantuoni, dopo gli scontri alla Sapienza, ha usato parole nette: «La violenza non è mai accettabile, da nessun punto di vista e in nessuna forma, è ancora più irricevibile quando tenta di forzare una decisione assunta democraticamente da un organo di governo di una università. Gli atenei italiani sono e saranno sempre il luogo di confronto di idee e cultura». Anche Matteo Lorito, Rettore dell’Università Federico II di Napoli, si schiera contro i collettivi: «Sicuramente nelle università si sta vivendo un momento difficile. Noi alla Federico II abbiamo avuto un lungo dibattito con gli studenti. Sottolineo che la violenza non è mai la soluzione, ma serve il dialogo, nella consapevolezza che democrazia significa accettare le decisioni che saranno prese dal Senato dell'ateneo». E mentre monta la polemica politica, il Tribunale di Roma rimette in libertà la ragazza e il 27enne libico arrestati ieri durante gli scontri. Mentre alcuni studenti si sono incatenati fuori dall’Ateneo di Roma denunciando il «genocidio» con delle improbabili catene da neve. Il clima caldo nelle Università italiane infiamma il dibattito. Dal fronte di Forza Italia, Maurizio Gasparri, capogruppo dei senatori, non usa giri di parola: «Non ci faremo intimidire da questi teppisti. Non l'avranno mai vinta. Noi stiamo dalla parte di Israele e della democrazia». Il Pd si spacca. Il capogruppo Chiara Braga condanna le violenze: «Anche il legittimo dissenso contro le scelte che si apprestava a fare l'ateneo non deve mai sfociare in atteggiamenti di questo tipo. Le università sono luoghi fondamentali in cui preservare la libertà di pensiero ed è importante che si mantenga vivo un dialogo tra università, tra luoghi della ricerca e della cultura. Abbiamo contestato in passato un uso improprio della violenza di fronte a manifestazioni pacifiche, ma non c'è nessuna difficoltà a condannare la violenza che ieri c'è stata». Nelle stesse ore però, il suo collega di partito, Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, se la prende con il governo Meloni: «Ha difficoltà nella gestione del dissenso». Che poi è anche la posizione del M5s. Ma chi sono i collettivi che stanno mettendo a ferro e fuoco le Università italiane? Una minoranza sparuta, che prevale sulla maggioranza silenziosa, e che da oggi ha iniziato lo sciopero della fame. Alla testa dei movimenti anti-Israele c’è il collettivo Cambiare Rotta.

Quelli che usano l’ex Br Francesco Piccioni come testimonial nelle proprie campagne di tesseramento.

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