In nome dell'antifascismo Sala asfalta la Milano green: a rischio il glicine di Baiamonti

Sala è pronto ad andare contro il volere di 50mila cittadini e ad abbattere il glicine centenario pur di portare avanti il progetto del museo della Resistenza

In nome dell'antifascismo Sala asfalta la Milano green: a rischio il glicine di Baiamonti
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Beppe Sala non arretra ed è pronto a sacrificare l'idea di Milano green per realizzare il fantasmagorico museo nazionale della Resistenza. Non sembra sentire ragioni, nemmeno davanti a 50mila milanesi che hanno espresso la loro volontà di abortire il progetto, perché vorrebbe dire abbattere il glicine centenario di piazzale Baiamonti al quale tutta la città ma, in particolare, il quartiere, è legato. Il glicine è parte di uno spazio verde che il circolo Combattenti e Reduci di Milano Porta Volta cura insieme agli abitanti della zona.

Abbattere il glicine ed eliminare l'area verde significa far morire anche questo centro di aggregazione, dove giovani e meno giovani si incontrano e si confrontano. Un luogo della "vecchia Milano" come non ce ne sono altri in città, che il sindaco vuole chiudere per realizzare un avveniristico palazzo, una seconda "piramide Feltrinelli". Per i cittadini non si tratta d'altro che dell'ennesima colata di cemento che sacrifica il poco verde in città e una struttura che dà valore alla socialità. Ma per Sala è più importante la forma, l'immagine, il prestigio di una città alla sua vivibilità: "Il 25 aprile dal palco ho detto che Milano è una città profondamente antifascista e quindi di fronte all'onore di avere il museo nazionale della Resistenza dobbiamo stare attenti a non perdere questa occasione".

Come se Milano perdesse la sua connotazione antifascista senza questo museo, che dev'essere realizzato da zero, perché la "piramide" dev'essere ancora realizzata e non si sa quali siano i tempi. E guai a far notare al sindaco che Milano avrebbe fior fiore di palazzi (non ruderi) al momento inutilizzati e in posizione favorevole, che potrebbero essere adattati per ospitare il museo. Ma no, loro ci lavorano "da parecchio tempo" e, parola di Sala, "altre collocazioni non riusciamo a trovarle". Quindi chi se ne frega di abbattere un glicine, chi se ne frega del verde urbano. È tutto sacrificabile in nome del prestigio e della monetizzazione di un museo che verrà. Tutto e per tutto per fare cassa, si potrebbe dire. "Che qualcuno non venga a dire 'mettete da un'altra parte il museo' perché sarebbe benaltrismo puro. Se vogliamo perdere un'occasione riflettiamoci, a quel punto sarei perplesso io", ha detto il sindaco passivo-aggressivo.

Quel che stupisce di una città come Milano è che si sia costretti a una scelta: il sindaco che ha fatto degli ideali ambientalisti la sua bandiera per l'elezione e la rielezione, oggi è disposto a questo pur di appuntarsi una medaglietta sul petto.

Una medaglietta che, forse, potrebbe aprirgli spazi per il post Palazzo Marino, ma che priverà per sempre Milano e il quartiere di Porta Volta di uno spazio verde e di un locale di aggregazione. Davvero tutto questo non conta nulla?

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