Il 10 aprile 1998 è una data fondamentale nella storia dell'Irlanda: dopo un trentennio di scontri sanguinosi, chiamati eufemisticamente «Troubles», ovvero «guai», le parti in causa firmarono quelli che oggi sono noti come «Accordi del Venerdì Santo», mettendo la parola fine allo scontro tra cattolici-nazionalisti, da una parte, e protestanti-lealisti dall'altra, questi ultimi sostenuti senza riserve dal Regno Unito. Il 10 aprile 2023, dunque, ha segnato il venticinquesimo anniversario di un evento epocale. Eppure, alla luce del terremoto creato dalla Brexit, non sono in pochi a ritenere che la pace non sia mai stata a rischio come ora.
In realtà, per sostenere una guerra rivoluzionaria nell'Ulster ci vuole qualcosa in più dell'uscita della Gran Bretagna dall'Europa. Le giovani generazioni irlandesi, appiattite nell'adesione globalizzante agli stili di vita britannici e americani, non ne vogliono sapere, malgrado le divisioni settarie non manchino. La Repubblica d'Irlanda ostenta quella che quasi si sostanzia in una secca indifferenza per il riottoso Ulster. E lo stesso movimento repubblicano è diviso tra chi riconosce gli Accordi del Venerdì Santo come un punto di non ritorno e chi, invece, ritiene ancora aperto il capitolo e, comunque, è convinto che siglando una pace pilotata dal Regno Unito il movimento nazionalista abbia svenduto i propri ideali, vanificando decenni di lotte, sofferenze e privazioni.
Per tutta la durata dei Troubles, scoppiati sul finire degli anni Sessanta con l'avvento delle marce per i diritti civili e con la presa di coscienza da parte della nuova generazione cattolica, poco propensa alla passività dei genitori di fronte alle plateali ingiustizie imposte da una legislazione che privilegiava smaccatamente la comunità protestante e fedele alla Corona, l'oppressione britannica fece uso abbondante di guerra sporca e spionaggio. E il tema del tradimento divenne una sorta di topos ineludibile di ogni storia irlandese moderna. La fedeltà della spia (Sem, pagg. 240, euro 20, traduzione di Laura Grandi) del pluripremiato Peter Cunningham non si sottrae alla missione di elaborarlo. Marty Ransom, un diplomatico irlandese il cui padre ha combattuto con merito nelle file dell'esercito britannico e lo ha cresciuto in un ambiente fortemente influenzato dalla cultura inglese, si lascia convincere da Alison, una diplomatica inglese conosciuta in gioventù, a farle avere qualche soffiata sui rapporti tra il governo della Repubblica e gli attivisti dell'Ira. Le cose si complicano quando, oltre a venire meno al patto di lealtà verso il suo Paese, Marty si troverà a vivere un'intricata storia d'amore con la stessa Alison, tradendo moglie e famiglia.
Cadenzato inizialmente quasi come un romanzo di formazione e poi come una storia d'amore, La fedeltà della spia è al tempo stesso una spy story, oltre che una rielaborazione dell'annosa questione irlandese, toccando di volta in volta alcuni suoi episodi cardine. Come il «Bloody Sunday», l'insensata strage di manifestanti pacifici avvenuta a Derry nel 1972 a opera di un reparto di paracadutisti inglesi (con la folla inferocita che, tre giorni dopo, prese d'assalto l'ambasciata britannica a Dublino), oppure le bombe del 1974 in contemporanea a Dublino e Monaghan, atti di ritorsione contro cittadini cattolici da parte di paramilitari protestanti, con l'appoggio o il tacito consenso dei servizi segreti di Sua Maestà.
Tra le righe, emerge un dato di fatto incontestabile che probabilmente Cunningham, figlio di un ufficiale dell'esercito britannico assoldato dall'MI5 come spia per ostacolare l'Ira, conosce bene: la detestata Albione è un modello culturale di riferimento per l'Irlanda, incapace di ignorare le sirene dello stile di vita britannico a cui trasmette una rassicurante patina di valori cattolici e patriottici.
La sottomissione culturale è evidente in quasi ogni aspetto della vita irlandese e Cunningham lo coglie lucidamente. Perché «la libertà inizia nel sangue ma si dimostra con le possibilità economiche», come ricorda un funzionario del ministero degli Esteri al protagonista Marty Ransom.
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