Politica economica

La Bei riaccende il nucleare e l’Italia batte la Germania

La presidente della Banca europea per gli investimenti Calviño annuncia nuovi fondi per i mini-reattori modulari. Sconfitta la linea della Germania

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Anche la Banca europea per gli Investimenti (Bei) ora vota a favore dell’atomo. Ormai è un fatto accettato: un’Europa green è un’Europa a trazione nucleare. Le istituzioni europee stanno via via abbandonando la loro opposizione all’atomo. E nell’attesa che la Commissione dia l’ok all’alleanza industriale per i reattori modulari, ora è la Bei a cambiare paradigma. La neo presidente Nadia Calviño ha intenzione di mettere mano al portafoglio per destinare le risorse del suo istituto ai reattori Smr (Small modular reactors). Una mossa senza precedenti: basti pensare che la Bei, nata nel 1958 e con un rating tripla A, non investe per consuetudine su centrali nucleari dal 1987.

Ma non solo. Perché se in 37 anni non è mai stato speso un centesimo lo si deve soprattutto al muro sollevato dai Paesi «soci» della Ue e, di conseguenza, della banca. A scontrarsi sono i soliti due schieramenti: da una parte la Germania che ha dismesso tutti i suoi impianti per puntare sulle rinnovabili, dall’altra la Francia, spalleggiata dall’Italia. Ma ora gli equilibri si stanno invertendo. E la nomina di Calviño, subentrata a gennaio al tedesco Werner Hoyer, potrebbe accelerare un processo legato al risultato delle elezioni di giugno, quando si capirà se a guidare l’organo esecutivo dell’Unione resterà Ursula von der Leyen. Secondo l’ex ministro dell’Economia spagnola, l’Ue è ancora indietro sui mini-reattori modulari rispetto a Cina e Russia, dove sono già operativi. Per compensare questo divario la Bei, occupata perlopiù a garantire linee di credito agli Stati membri, aumenterà i fondi per l’energia nucleare.

A cogliere questa svolta sono stati anche i grandi gruppi energetici nazionali che hanno partecipato al convegno sull’indipendenza energetica organizzato ieri alla Camera da Forza Italia. «Per essere indipendenti bisogna avere l'energia ma anche l’attitudine a non dire di no a qualsiasi cosa», ha commentato l’ad di Eni Claudio Descalzi. «Il nucleare è qualcosa a cui non possiamo dire no, lo abbiamo fatto per troppo tempo», ha aggiunto il manager riferendosi soprattutto ai sistemi di ultima generazione.

Nel frattempo, Calviño ha presentato in settimana all’Eurocamera le otto priorità strategiche del suo mandato, tra cui la difesa. Attualmente però i trattati consentono alla Banca di stanziare denaro solo per le tecnologie duali, come i droni. Non è prevista, invece, la possibilità di investire su armi e infrastrutture militari, benché la Bei abbia portato i finanziamenti per la difesa a otto miliardi fino al 2027. Quella di Calviño è una nobile causa, peccato che si debbano prima rivedere le regole, patata bollente della prossima legislatura a Strasburgo.

Dal loro superamento dipende la nascita – o il fallimento – di una nuova strategia energetica, per un Europa più autonoma e competitiva con le altre economie mondiali.

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