Politica estera

Anti polizia e vicino a Soros: ecco il "procuratore rosso" che accusa Trump

Dietro al rinvio a giudizio di Trump c'è Alvin Bragg, primo procuratore distrettuale afroamericano di Manhattan. Dai diritti civili al braccio con la polizia ecco chi vuole condannare il tycoon

Chi è Alvin Bragg, il procuratore dem che ha incriminato Trump
Tabella dei contenuti

Il futuro giudiziario e politico di Donald Tramp passa dalle mani di una persona: Alvin Bragg. Nato a Central Harlem 49 anni fa, ma laureato ad Harvard, Bragg è il primo afroamericano a ricoprire il ruolo di procuratore distrettuale di Manhattan. Il nuovo acerrimo rivale di The Donald è stato eletto nel novembre del 2021 e si è insediato all'inizio dello scorso anno. Negli anni Bragg ha ricoperto vari ruoli incluso quello di viceprocuratore generale dello Stato di New York.

I colpi alla galassia Trump

Durante il suo lavoro negli uffici newyorkesi Bragg ha seguito casi di risonanza mondiale, come ad esempio l'inchiesta contro il produttore di Hollywood, Harvey Weinstein, condannato poi a 23 anni di carcere per crimini sessuali. Come scrive il Washington Post, il procuratore dispone di un team piuttosto corposo e di un budget elevato. Tra le sue "vittime" ci sono vari personaggi che negli anni hanno fatto parte della galassia di Trump, primo fra tutti l'ex consigliere Stephen Bannon, accusato di frode e riciclaggio di denaro.

Lo stesso Bragg ha ottenuto anche la condanna per un altro pezzo grosso del mondo trumpiano, Allen Weisselberg, responsabile finanziario della Trump Organisation. Non solo. Lo scorso dicembre il suo ufficio è riuscito ad ottenere una condanna con relativa multa da oltre un milione e mezzo di dollari contro la Trump Organization e la Trump Payroll Corp, sempre con l'accusa di frode.

Dall'elezione alle politiche radicali

In questi giorni, mentre si aspettava con impazienza la decisione del Grand Jury, la stampa americana ha acceso un faro sulle attività di Bragg e soprattutto sulla campagna elettorale che lo ha portato alla nomina. Dichiaratamente democratico e vicino alle correnti più radicali del partito, Bragg non ha mai fatto mistero di avere Trump nel mirino. Il Wall Street Journal è andato a ripescare una sua intervista data nel 2021 in occasione delle primarie dem per la carica di procuratore. "Sicuramente", disse, "ho più esperienza con Trump che la maggior parte delle persone nel mondo". Il riferimento era ai suoi tentativi di contenere le politiche dell'amministrazione Trump durante il suo mandato come viceprocuratore.

Bragg, infatti, ha orientato la sua carriera intorno al tema dei diritti civili. Prima di lavorare come funzionario è stato infatti avvocato in molti processi, il più importante dei quali come legale della madre di Eric Garner, un ragazzo afroamericano morto nel 2014 durante un arresto avvenuto in circostanze simili a quelle di George Floyd. Negli anni successivi tutta la sua impostazione lavorativa ha seguito questo filone.

Sempre durante la campagna elettorale che lo ha portato a diventare procuratore di Manhattan si è mostrato come uno dei candidati più vicini alla sinistra dem. Ha infatti promesso interventi simili a quelli del movimento Defund the police: dalla riduzione del numero di accuse fino alla riduzione della popolazione carceraria. Sempre secondo la scheda del Post ha promesso di proteggere le vittime di abusi domestici, ridurre la violenza armata nelle strade e di evitare di perseguire reati come l'uso di marijuana.

Alvin Bragg

Lo scontro con la polizia

Il vero fronte in cui Bragg è andato in difficoltà è stato quello con la polizia. Il 49enne originario di Harlem ha avviato un braccio di ferro con le forze dell'ordine anche alla luce di quanto successo dal 2020 in poi. Un anno fa ha creato un'unità speciale nel suo ufficio con il compito di indagare sulla condotta degli agenti ed individuare eventuale abusi e comportamenti illeciti.

Lo stesso procuratore in più di un'occasione ha detto che le sue scelte derivano dalla sua esperienza di ragazzo di colore nella Harlem degli anni Ottanta durante l'epidemia di cocaina e crack che invase i quartieri poveri di New York, ma soprattuto dal suo rapporto con la polizia. "Prima dei 20 anni", ha raccontato, "almeno in sei occasioni qualcuno mi ha puntato una pistola contro, in tre di queste si trattava di un agente di polizia".

Alla luce di questo era quindi inevitabile un duro faccia a faccia con la polizia della Grande Mela. Violente critiche sulla sua condotta sono arrivate sia dai comandi dei vari distretti delle forze dell'ordine, sia dai sindacati di polizia; ma anche dal sindaco di New York Eric Adams, un dem moderato con un passato nelle forze di polizia che ha costruito il suo successo elettorale intorno al tema della sicurezza.

L'appoggio (indiretto) di Soros

Negli ultimi mesi da Trump e altri esponenti del Gop le accuse di "giustizia politica" da parte di Bragg non sono mancate. Tra queste quella di essere un uomo nelle mani del super finanziere George Soros. La connessione tra i due esiste anche se non direttamente. Come ricostruito dal New York Times, questa risalirebbe al 2019 quando Bragg ha annunciato la sua candidatura a procuratore. Secondo il quotidiano nel maggio di quell'anno Soros ha versato almeno un milione di dollari a una ong progressista che si occupa di giustizia e diritti civili, la Color of Change, che tra i vari impegni ha appoggiato proprio la campagna di Bragg.

Alla fine circa 500mila dollari sarebbero finiti nella casse del comitato del candidato afroamericano. Ma, hanno spiegato dei portavoce di Color of Change, Soros non sarebbe l'unico a sostenerli: tra i finanziatori più ricchi anche il co-fondatore di Facebook Dustin Moskovitz e la formazione hip hop dei Beastie Boys. Un portavoce di Soros che ha parlato con il Nyt ha smentito ogni voce sull'incontro tra il magnante e Bragg.

Allo stesso tempo l'appoggio a Bragg riguarda uno schema più ampio di finanziamenti a tutta una rete di candidati progressisti in ruoli giudiziari simili a quelli del procuratore distrettuale di Manhattan.

Commenti