Politica estera

Europa senza leader

Puoi anche essere un convinto europeista ma periodicamente, puntuale come un orologio svizzero, l'Unione ti rifila una delusione

Europa senza leader

Puoi anche essere un convinto europeista ma periodicamente, puntuale come un orologio svizzero, l'Unione ti rifila una delusione. E il colpo lo ricevi da entrambi gli estremi del pendolo. Gli errori della Bce della francese Lagarde, figli di una stantia retorica europeista ossessionata dalla burocrazia e priva del più ovvio pragmatismo nella soluzione dei problemi, finiscono per penalizzare l'economia del nostro Paese oltre modo. Come pure il paradosso sovranista che spinge la Svezia del governo di destra populista di Ulf Kristersson a rinviare ogni ipotesi d'accordo sull'immigrazione fino al 2024 per interessi opposti a quelli che inducono il governo di centro-destra italiano, che ha visto sbarcare quasi duemila migranti sulle nostre coste nei primi quattro giorni dell'anno, a pretenderlo ora.

Così purtroppo c'è il rischio che dell'Unione, quella che ha dato il meglio di sé nell'affrontare la pandemia, rimanga oggi solo il Qatargate. Si avverte, infatti, il timore, neppure tanto campato in aria, che il processo di integrazione abbia una battuta d'arresto e che lo spirito di solidarietà che si era visto negli anni del Covid venga meno. Tutto si perde nella burocrazia che rende stantie le decisioni di Bruxelles, nell'egoismo dei vari Orban che popolano il vecchio Continente che sono solo un'altra faccia della miopia del rigorismo ideologico che anima i cosiddetti Paesi frugali, negli scandali che avvelenano il Parlamento di Strasburgo.

Eppure la questione è semplice: mentre la guerra lambisce i suoi confini al nord, la crisi economica morde i suoi cittadini e si assiste ad un'invasione di profughi e migranti economici al sud, l'Unione non può restare in mezzo al guado nel limbo della perenne incompiuta, né restare ostaggio degli europeisti a parole. Tra gli interessi dei singoli Paesi e quelli dei cittadini europei debbono prevalere questi ultimi. Altrimenti la Ue resterà allo stadio primitivo di un'anarchia di Stati incapaci di decidere insieme, in balia della peggiore delle burocrazie e permeabile agli interessi esterni. Ecco perché se non si vuole essere sottoposti a sistematiche frustrazioni è indispensabile puntare in alto nell'assetto istituzionale dell'Europa. L'abolizione del diritto di veto dei singoli Stati non deve essere fatta oggi ma addirittura ieri. Come pure se si vuole accelerare il processo bisogna darsi l'obiettivo degli Stati Uniti d'Europa, perché solo un traguardo ambizioso per il domani aiuta a superare i limiti - e le incomprensioni - del presente.

Per essere chiari: se punti in futuro alla Federazione, giá oggi puoi pensare ad un esercito e ad una politica estera europei; come pure ad aumentare il tasso di solidarietà tra gli Stati nelle politica economica, in quella fiscale o del lavoro. Solo la consapevolezza di un destino comune, che è nei fatti visto che non esistono alternative, fa superare le divisioni dettate dagli interessi di ogni Paese dell'Unione. Solo che è una consapevolezza che dovrebbe albergare nelle menti dei 27 capi di governo e di chi è al vertice delle istituzioni europee. La verità è che ci vorrebbero ben altre personalità che non la Lagarde (il paragone delle sue scelte con quelle di Draghi è impietoso) o Kristersson.

La vera penuria che paga l'Europa in quest'epoca è quella di leader.

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