
La forza della Russia sul campo di battaglia comincia ad indebolirsi e la Federazione potrebbe rimanere a corto di uomini e armamenti entro il prossimo anno. Ad affermarlo sono alti funzionari ed esperti militari statunitensi ed europei citati dal Washington Post. Valutazioni che vengono formulate nonostante il presidente americano Donald Trump stia rinunciando ad esercitare pressioni su Vladimir Putin per la cessazione delle ostilità nell’Europa orientale.
Eppure, dichiarano più di una dozzina di funzionari consultati dal quotidiano Usa, proprio la situazione attuale rappresenterebbe il momento giusto per premere su Mosca, se non addirittura il “più vantaggioso” dall’inizio della guerra. Funzionari occidentali, ex e ancora in servizio, sottolineano infatti che nell’ultimo anno la Federazione ha conquistato solo un ulteriore 0,6% del territorio ucraino al costo di 1500 morti o feriti al giorno. Richard Barrons, ex capo del Comando delle forze congiunte britannico, spiega che “la Russia sta ancora gradualmente conquistando porzioni di territorio ma ad un costo insostenibile”. Mosca, aggiunge Barrons, sta raggiungendo “il suo apice nella capacità di condurre un’offensiva” ed è “molto improbabile che l’esercito russo abbia ora l’equipaggiamento, il personale, l’addestramento e la logistica per organizzare un’offensiva” per spezzare la linea ucraina e, anche se lo facesse, "per sfruttarla immediatamente”.
Un concetto su cui concorda Dara Massicot, ricercatrice senior del Carnegie Russia Eurasia Center, che ritiene sia “improbabile” che la lenta avanzata delle truppe russe permetta al Cremlino di ottenere il pieno controllo di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, le quattro regioni dell’Ucraina al centro delle mire di Putin. Secondo l’esperta, “c’è differenza tra respingere gli ucraini di 5-10 chilometri alla volta a costi elevati e avere a disposizione uomini e mezzi corazzati per sfruttare tutti quegli ostacoli, nonostante gli ucraini stiano avendo problemi”.
Le analisi degli esperti trovano conferma in un rapporto presentato pochi giorni fa al Congresso dal generale Jeffrey Krause, direttore della Defense Intelligence Agency (Dia) Usa. La valutazione della Dia riconosce che, in assenza di un accordo negoziato o di un “robusto” supporto occidentale, la guerra “probabilmente continuerà ad evolversi a favore della Russia fino al 2025” ma evidenzia che i progressi della Federazione “stanno rallentando e continuano a verificarsi a scapito di elevate perdite di personale e attrezzature”. Per un alto funzionario europeo c'è da tenere conto che Putin è convinto che "il tempo sia dalla sua parte" e che "l'Ucraina stia sanguinando più velocemente della Russia". Secondo fonti occidentali consultate dal Washington Post, la fiducia dell’ex spia del Kgb potrebbe basarsi "più sulle rosee stime dei suoi subordinati che sulla realtà".
Gli analisti ammettono che l’esercito ucraino sta incontrando numerose difficoltà e che l'Europa non riesce ad aumentare le forniture militari da destinare a Kiev. Un ulteriore elemento di criticità è il fattore Trump e la sua influenza sulle sorti del conflitto. A riassumere questo aspetto con efficacia è un’analisi pubblicata sul sito della Cnn nella quale si legge che “adesso, la vera battaglia in Ucraina” è “per le orecchie” del presidente americano. Come si è infatti visto a seguito della telefonata di lunedì scorso tra Trump e Putin, il capo della Casa Bianca sembra aver fatto retromarcia sul suo impegno ad inasprire in assenza di progressi le sanzioni contro la Russia e ha persino menzionato la possibilità di accordi commerciali con la Federazione.
Il commander in chief ha inoltre lasciato intendere di volersi disimpegnare dalle trattative sull’Ucraina affidando il dossier ai leader europei e ad una mediazione del Vaticano. E intanto gli scontri militari continuano.