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"Le Ong operano fuori dalle norme". Il Viminale smonta il Consiglio d'Europa sui migranti

Botta e risposta tra Strasburgo e Roma. Il Consiglio d'Europa chiede il ritiro dei decreti sicurezza. Dura la replica del Viminale: "Sono le Ong ad operare fuori dalle norme"

"Le Ong operano fuori dalle norme". Il Viminale smonta il Consiglio d'Europa sui migranti

I decreti sicurezza varati dal governo Meloni sono ancora sotto il tiro delle polemiche internazionali. Questa volta le critiche sono arrivate direttamente da Strasburgo. Ma non dalle sedi del parlamento europeo (che al momento ha ben altro a cui pensare), bensì dagli uffici del Consiglio d'Europa. Ossia l'organizzazione internazionale formata da 46 Paesi chiamata a promuovere la democrazia e il rispetto dei diritti umani nel Vecchio Continente. L'intervento delle scorse ore del suo commissario per i diritti umani, Dunja Mijatovic, ha però avuto un sapore più marcatamente politico. Ha infatti criticato i decreti e in una lettera inviata al ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, ha sollecitato Roma a ritirare i provvedimenti. Il nocciolo della questione, ancora una volta, ruota attorno sul presunto intralcio alle attività delle Ong.

La lettera di Mijatovic

Tre gli elementi principali contenuti nella missiva inviata al Viminale da Dunja Mijatovic: lo stop ai decreti, la fine dell'assegnazione dei porti del nord Italia alle Ong e la chiusura di ogni collaborazione con le autorità libiche in tema di salvataggi in mare. A ben vedere, la lettera del commissario del Consiglio d'Europa contiene di fatto tutte le più recenti richieste da parte delle Ong.

Una presa di posizione politica quindi molto chiara e netta contro i decreti varati dall'esecutivo italiano. “Si invita il governo a prendere in considerazione il ritiro o la revisione del decreto legge 1/2023 – si legge nella lettera, i cui contenuti sono stati resi noti dallo stesso Consiglio d'Europa – Le disposizioni del decreto potrebbero ostacolare le operazioni di ricerca e soccorso delle Ong e, quindi, essere in contrasto con gli obblighi dell'Italia ai sensi dei diritti umani e del diritto internazionale”.

“Il decreto e la pratica di assegnare porti lontani per lo sbarco delle persone soccorse in mare – ha proseguito Mijatovic – rischiano di privare le persone in difficoltà dell'assistenza salvavita delle Ong sulla rotta migratoria più mortale del Mediterraneo”.

Nell'ultima parte della lettera, l'invito a non collaborare più con la guardia costiera libica e non considerare la Libia come un porto sicuro per i migranti. Una critica quindi anche ai recenti accordi stretti da Giorgia Meloni a Tripoli, con i quali l'Italia ha assicurato un'ulteriore fornitura di motovedette e mezzi per rendere più agevoli i pattugliamenti delle coste.

La riposta del governo italiano

Da Palazzo Chigi, la risposta è arrivata a stretto giro di posta. “I timori espressi dalla commissaria dei diritti umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatovic – si legge in una lettera inviata dal governo italiano a Strasburgo – per le conseguenze che il decreto sulle Ong potrebbe avere sulla loro capacità di salvare vite nel Mediterraneo e sulle persone salvate sono infondati”.

Della lettera ne ha dato notizia l'Ansa, secondo cui l'esecutivo italiano ha così voluto subito far sapere di non ritenersi in contrasto con il diritto internazionale e con i doveri derivanti dall'obbligo di salvaguardia delle vite umane. Sulle agenzie è apparsa anche una risposta ancor più dettagliata da parte del Viminale, principale bersaglio delle critiche del Consiglio d'Europa.

Il ministero dell'Interno ha replicato puntando il dito in primo luogo sul comportamento delle Ong. "Il modus operandi delle ong si pone al di fuori dalle fattispecie previste dalla Convenzioni internazionali in materia di soccorso in mare - si legge nella lettera del Viminale - Inoltre, ingenerando nei trafficanti di esseri umani l'aspettativa di un sicuro e immediato intervento appena al largo delle aree di partenza, ha finito con il determinare, a prescindere dalle intenzioni delle Ong, una modulazione del modello criminale che precede l'impiego di imbarcazioni inadeguate alla navigazione in alto mare che, se per un verso garantiscono maggiori guadagni alle organizzazioni criminali, per altro verso, innalzano sensibilimente l'esposizione a rischio dei migranti".

Non solo, ma il ministero guidato da Matteo Piantedosi ha voluto anche rispondere sulle critiche relative all'assegnazione dei porti. "L'assegnazione dei porti dell'Italia centrale e settentrionale alle navi delle ong che hanno soccorso migranti - si legge - è guidata dalla imprescindibile necessità di operare una più equa redistrubuzione tra le regioni, non tanto dei migranti, quanto degli oneri organizzativi e logistici correlati alla gestione degli sbarchi".

"L'obiettivo perseguito - si legge ancora nella lettera del Viminale - è quello di alleggerire le strutture di primissima accoglienza, prima tra tutte l'hotspot di Lampedusa e le navi cui è stato assegnato il Pos in località più lontane sono assetti di grandi dimensioni, come tali idonei ad affrontare in sicurezza lunghe traversate, mentre l'assegnazione del Pos presuppone sempre un preliminare confronto con organi tecnici al fine di verificare l'assenza di possibili situazioni di rischio per l'incolumità delle persone a bordo".

In poche parole, il governo italiano ha messo in chiaro quella che è la sua linea sul contrasto agli sbarchi nel nostro Paese. Lasciando intendere quindi che sulle intenzioni di Roma non occorre dubitare e che anzi, al contrario, l'azione dell'esecutivo è stata adottata a seguito dei comportamenti altrui. Il botta e risposta è destinato a proseguire anche nei prossimi giorni.

Del resto, sul fronte migratorio, la pressione anche politica sull'Italia è stata ben messa in conto nel momento dell'adozione di norme considerate contrarie alle Ong.

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