Politica internazionale

"Indagare su ingerenze iraniane e russe. La Cina? Non è un modello da seguire"

La politica estera del governo Meloni, il ruolo dell'Indo-Pacifico, la repressione iraniana, l'assalto al Parlamento brasiliano, la Cina e la sfida all'Occidente. Intervista a Terzi di Sant’Agata

Parla l'ex ministro Terzi di Sant'Agata: "Indagare anche sulle ingerenze iraniane e russe. La Cina non è un modello da seguire" Esclusiva

Giulio Terzi di Sant’Agata, eccellenza della diplomazia e delle istituzioni italiane, tra i suoi prestigiosi incarichi è stato ambasciatore in Israele dal 2002 al 2004 e a New York e Washington dal 2008 al 2011 nonché ministro degli Esteri con il governo Monti. Eletto al Senato con Fratelli d’Italia, “partito di cui ho l’onore di fare parte”, è presidente della Commissione permanente Politiche dell’Unione europea.

Senatore, data la sua esperienza e caratura internazionale sulle tematiche estere, come giudica la linea del governo Meloni in questi primi mesi di insediamento?

“Il governo ha acquisito immediatamente un altissimo profilo internazionale. Lo ha fatto in uno spazio molto breve, forse anche a causa dell’enormità delle sfide di sicurezza, economiche e di posizionamento dell’Italia che si è trovato ad affrontare. Manifestando una capacità d’influire fin dalle primissime battute nei principali contesti multilaterali ma anche bilaterali”.

Si riferisce forse alla visita del primo ministro giapponese Kishida della scorsa settimana?

“Sì. La visita ha dimostrato la nostra credibilità in un’area geopolitica che veniva considerata lontana. Abbiamo sempre guardato al Mediterraneo, all’UE, al Medio Oriente, all’Africa… ma in questa fase l’Indo-Pacifico è diventato rilevante in una nozione di sicurezza che è oggi completamente integrata. È finita quella stagione di sicurezza internazionale che tendeva ad essere affrontata e risolta soprattutto in chiave “regionale”. Dall’area europea all’Indo-Pacifico esiste una sola sicurezza. Il Giappone è un partner strategico; vanta rapporti storici e relazioni consolidate nel Pacifico con Francia, Gran Bretagna e Germania. Con l'incontro tra il Primo Ministro Kishida e il Presidente del Consiglio Meloni si è deciso un "partenariato strategico" tra Italia e Giappone. Uno sviluppo significativo per le nostre responsabilità ed interessi globali. Non possiamo certo sottovalutare la rilevanza del programma trilaterale per l'aereo da combattimento di ultima generazione (GCAP) tra Giappone, Gran Bretagna e Italia”.

L’Italia è Paese globale?

“Certo. Perché l’Italia lo dimostra col suo soft power e l'enorme attrazione esercitata dalla nostra cultura nel mondo; con l'internazionalizzazione dell'economia e delle eccellenze scientifiche e tecnologiche del paese; con le operazioni di pace alle quali partecipiamo anche in posizione di comando; con la presenza di più di 20 milioni di cittadini americani di origine italiana, una straordinaria ricchezza per entrambi i Paesi; con la capacità di influire in tutte le principali sedi multilaterali. Pensiamo alle grandi battaglie per diventare membri elettivi nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e per riformarlo. Siamo membri del G7 e fondatori dell'UE. È più che evidente che l'Italia abbia e debba sempre meglio esprimere responsabilità e proiezioni di carattere globale”.

In che modo il governo Meloni deve muoversi all’interno delle istituzioni europee?

“Seguendo una linea basata sulla coerenza con gli impegni presi nel processo di integrazione europea e con la sua appartenenza alla comunità atlantica. Attento soprattutto al processo di integrazione che salvaguardi i principi di sussidiarietà e proporzionalità nella devoluzione di poteri dal livello nazionale a quello delle istituzioni europee”.

Winston Churchill prima di uscire di scena dalla politica inglese disse ai suoi ministri: “Non staccatevi mai dagli Stati Uniti d’America”.

“Attualissima per almeno due motivi. Una marcata identità di valori e una lunga storia di costante rafforzamento dei rapporti politici, economici, culturali e umani. Gli Stati Uniti sono il nostro principale partner economico, scientifico e culturale al di fuori dell’Europa. La nostra sicurezza, che pure dovrà essere basata maggiormente su una difesa europea, è garantita dall'appartenenza all'alleanza atlantica di cui gli Stati Uniti sono da sempre i contributori di gran lunga più importanti”.

Come interpreta il cambio dei vertici militari all’interno delle forze armate russe?

“È un segno di disperazione. Putin, in virtù di ideologie post-zariste, sta conducendo una guerra contro l’Europa commettendo gravissimi crimini internazionali. La Russia fra poco non reggerà più la situazione, continua ad esserci questa follia di dispersione delle risorse, il bilancio della difesa credo starebbe toccando il 30% del PIL”.

L’Iran sta vivendo una delle più dure repressioni civili di sempre. Come dovrebbe muoversi la comunità internazionale?

“Mettendo sulla lista delle organizzazioni terroristiche l’IRGC-Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica. Ma in Iran sono almeno tre anni, non tre mesi, che c’è una rivolta permanente. Tra il 2017 e il 2019 nella repressione sanguinosa delle proteste popolari, sono stati uccisi più di 1500 manifestanti. L'indignazione espressa dal Presidente Mattarella riguarda evidentemente l'orribile comportamento dei Pasdaran e di chi li comanda sino ai più alti vertici dello Stato iraniano, sostenuti da forze come l'IRGC che deve essere considerata a tutti gli effetti un'organizzazione terroristica”.

Qual è il ruolo dell’IRGC?

“Ha una posizione dominante nelle dinamiche interne dell’Iran, arrivando ad influenzare le nomine dei presidenti della Repubblica Islamica e controllando importanti settori dell’industria delle armi e del programma nucleare che il regime porta avanti in maniera clandestina nonostante gli accordi internazionali”.

L’attacco al parlamento brasiliano rafforzerà la posizione di Lula?

“Sì. E pur non essendone personalmente felice, perché non sono convinto che la gestione Lula abbia rappresentato una stagione positiva per il Brasile. Abbiamo visto le conseguenze, i processi, le difficoltà, le ricadute anche all’esterno di quelli che erano episodi di cattiva gestione di quegli anni… quello che starebbe emergendo è che il governatore dello Stato di Brasilia non ha attivato la polizia. Bisogna fare chiarezza e condannare questi episodi affinché non si ripetano più in nessun paese”.

Potrebbero verificarsi ulteriori scontri?

“Sicuramente c’è gente che soffia sul fuoco. Vediamo quanto potrebbe essere felice un mondo in cui Russia, Cina e Iran riuscissero a destabilizzare un protagonista geopolitico, economico e democratico come il Brasile…”

Prima della guerra in Ucraina si parlava di una inesorabile crisi della democrazia occidentale. Adesso, nonostante le sue “ruggini” pensa che molti si stiano ricredendo?

“Dal punto di vista statistico, Freedom House, in parte con ragione, ha messo in evidenza la progressiva decrescita del numero dei paesi democratici negli ultimi quindici anni. Sono convinto che si tratti di una decrescita più apparente che reale. C’è una miriade di paesi che vuole entrare subito nell’UE perché attratta non dall’autoritarismo europeo, ma dalla libertà personale, d’impresa, culturale, di fare politica che l'Europa incarna. Per non parlare poi delle decine di milioni di cittadini russi, cinesi, iraniani che urlano a gran voce il loro bisogno di libertà e giustizia, anche sapendo di poter fare la fine di Politkovskaja, Estemirova, Nemtsov, Navalny, Joshua Wong, Mahsa Amini”.

Il governo di Pechino sta mostrando tutta una serie di profonde criticità nella gestione della nuova ondata di Covid.

“La Cina è un fallimento catastrofico con la politica "Zero Covid" che farà regredire ancora di più l’economia. L’agenda 2025 è completamente saltata. Nel dominio dell’intelligenza artificiale, del "quantum computing" e delle tecnologie avanzate dei micro-conduttori si è scoperto che gli Stati Uniti e diversi paesi occidentali sono in cospicuo vantaggio. Dobbiamo continuare ad esserlo”.

Però c’è un’opinione pubblica e politica a livello europeo che guarda con favore all’efficienza cinese.

“È una direzione sbagliata. Molte aziende se ne stanno pentendo facendone le spese. Le principali società hi-tech - Meta, Google, iPhone, Apple, ecc… - stanno delocalizzando fra Vietnam e India. Il Sud-est asiatico è diventata una realtà in ancor più forte e in espansione. C’è un detto che gira negli ambienti economici occidentali: “Dove vuoi investire? Ovunque ma non in Cina”.

Quale idea si è fatto del Qatargate?

“Una vicenda vergognosa. Ma bisognerebbe indagare anche sulle ingerenze russe, cinesi e iraniane. Ad esempio la rete di ambasciate iraniane all’estero meriterebbe molta attenzione anche in virtù della condanna per terrorismo dell’agente diplomatico Assadi, accreditato presso l’Ambasciata iraniana a Vienna, condannato coi suoi complici a venti anni di reclusione”.

Si è parlato di una “mano” straniera nel far scoppiare lo scandalo per indebolire le istituzioni europee.

“Tutto è possibile…”.

Durante questi anni di opposizione il Premier aveva manifestato l’intenzione di attuare un blocco navale. Da quando è andato al governo tuttavia gli sbarchi sono continuati. C’è forse l’intenzione di non inasprire i rapporti con il Quirinale? E con la Commissione Europea in vista dei fondi del PNRR?

“È stato chiarito ripetutamente durante la campagna elettorale dal Presidente Giorgia Meloni e da altri esponenti di FDI, come il Sen. Fazzolari e me, che le misure interdittive del traffico clandestino di migranti in zone marittime adiacenti a Libia, Tunisia e altri paesi del Mediterraneo dovrebbero essere attuate in stretta collaborazione con le autorità di tali paesi. Non si tratterebbe certo di un'esperienza nuova, essendo già parte di Eunavfor Med Operation Sophia, conclusa tre anni fa. Esistono anche altre operazioni precedenti in Adriatico di fine anni '90”.

In che modo il governo italiano può affrontare le nuove ondate migratorie?

“Gli incontri avvenuti con la Presidente della Commissione europea a Roma e quelli che sarebbero programmati nei prossimi giorni in Turchia, Tunisia e Libia dimostrano il forte e coerente impegno delle iniziative di questo governo in un dialogo trasparente sia con le istituzioni e i partner europei, sia con i nostri vicini nel Mediterraneo”.

Lei è stato una eccellenza della diplomazia italiana, qual è il più bel ricordo che porta con sé?

“L’elezione dell’Italia al Consiglio di sicurezza nell’ottobre del ’94 per il biennio ‘95/’96. La strategia fu ideata, eseguita e attuata dall’Ambasciatore Paolo Fulci.

Ricordo che ero seduto dietro a Paolo - annotavo i voti, avevamo vinto superando tutti gli altri candidati, Germania inclusa -, gli passai il bigliettino, lo guardò e con un sorriso indimenticabile mi disse: “Tienilo sempre con te!”.

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