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Addio tabù condono. Ma i limiti di reddito escludono le vittime della pandemia

Draghi riconosce che serve "perché lo Stato non ha funzionato". Ma il tetto dei 30mila euro voluto dal Pd si riferisce a redditi 2019. Chi ha perso tutto nel 2020 non è considerato. E c'è il rischio di incostituzionalità.

Addio tabù condono. Ma i limiti di reddito escludono le vittime della pandemia

Il condono, per accontentare il Pd e Leu, è diventato non solo mini ma anche più iniquo. Per capirlo bisogna esaminare alcuni aspetti tecnici, politici e di diritto che si intrecciano.

Nell'accusa di Enrico Letta a Salvini, aver «tenuto in ostaggio per un pomeriggio il cdm», è insita una bugia. Lega e Forza Italia non erano da sole a trattare con Draghi, costretto a mediare con le richieste del Pd che, tramite il ministro e capocorrente dem Andrea Orlando, insisteva per un «provvedimento chirurgico», minacciando, se non fossero state accolte le sue istanze, di chiedere lo stralcio del provvedimenti dal decreto Sostegno. E a guardare i numeri, e a leggere il provvedimento, si scopre che la chirurgia era volta a tutelare non l'equità ma una particolare categoria di contribuenti.

Partiamo dal motivo del condono. Lo spiega senza ipocrisie il premier, chiamandolo con il suo nome e non «rottamazione» o «voluntary disclosure» come facevano i governi a guida Pd: «È chiaro - dice Draghi - che sulle cartelle lo Stato non ha più funzionato, uno Stato che ha permesso l'accumulo di milioni e milioni di cartelle che non si possono esigere: bisogna cambiare qualcosa».

Una necessità avvertita in modo ancora più pressante dopo una pandemia che ha messo in crisi milioni di italiani. Dopo le guerra, si fa l'amnistia per pacificare. Ma nel decreto, pur di accogliere i limiti chiesti dal Pd, il condono è stato riservato, si legge nella relazione allegata allo schema di decreto, a chi ha conseguito «nel periodo d'imposta 2019» un reddito imponibile «fino a 30mila euro». Dunque il tetto di reddito così caro a Pd e Leu viene calcolato su un reddito precedente alla pandemia. In pratica l'amnistia sull'ante guerra. In questo modo, non si ha alcuna certezza di aiutare chi è andato in difficoltà durante la pandemia, cioè soprattutto autonomi e partite Iva che magari nel 2019 guadagnavano anche 30 o 40mila euro, ma che a causa dei lockdown hanno visto crollare i propri guadagni? E chi invece potrebbe avere un reddito intorno ai 30mila euro nel 2019 e averlo mantenuto immutato anche durante la pandemia? Sicuramente rientrano in questo identikit pensionati e impiegati pubblici, che rappresentano il 54% dell'elettorato del Pd. Una cosa è certa: in sede di conversione del Dl sarà battaglia. E, si ragiona nel centrodestra, potrebbero emergere possibili profili di incostituzionalità del tetto.

«Così - commenta Gianluca Timpone, docente di Politica economica presso l'Università europea di Roma - lo Stato condona innanzitutto se stesso, le sue inefficienze. E con il tetto di reddito così formulato si esclude chi è colpito dalla pandemia e quel 13% di contribuenti che da solo paga il 59% delle intere entrate fiscali».

La battaglia del centrodestra ha il merito di aver rotto un altro tabù ottenendo il riconoscimento del premier della necessità di un correttivo all'inefficienza del Fisco. Il risultato però è più ridotto delle attese. A causa del limite di anni inclusi nel condono, saranno coinvolte solo 16 milioni di cartelle, contro i 61 milioni previsti, che avrebbero rappresentato il 50% del magazzino fiscale che appesantisce l'Agenzia delle entrate. «Lo miglioreremo», promette il sottosegretario all'Economia Claudio Durigon.

E la speranza è ora per una riforma della riscossione, promessa da Draghi che, dice Salvini, arriverà entro aprile.

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