
Il piano lo avevano studiato meticolosamente, organizzando partenze scaglionate dalla Sardegna e sbarcando in porti differenti prima e dopo la rapina, preoccupandosi anche di precostituirsi un alibi per il giorno dell'assalto. Poi però, nonostante la precisione militare dimostrata in ogni aspetto organizzativo, si sono traditi nel modo più banale: perdendo un bigliettino con scritto il numero di due dei quattro telefoni cellulari utilizzati dal commando per le comunicazioni. È così che i carabinieri, coordinati dalla Procura di Livorno, grazie anche ai numerosi video girati dai testimoni nei quali si sentiva chiaramente i malviventi parlare in dialetto sardo, hanno rintracciato e arrestato undici componenti della banda che lo scorso 28 marzo, in pieno giorno, ha assaltato - con un'azione da film - due furgoni portavalori sull'Aurelia, nel comune di San Vincenzo, in provincia di Livorno, impossessandosi di 3 milioni di euro. Bottino che non è stato recuperato e che potrebbe essere stato sepolto nelle vicinanze.
Il gip ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti gli indagati - specialisti sardi delle rapine, pastori e coltivatori con precedenti per reati gravi, ma anche esperti nell'uso di armi da guerra - sottolineando la loro «spiccata pericolosità» e la capacità organizzativa fuori dal comune (con viaggi, sopralluoghi, noleggio di veicoli, reperimento di ulteriori veicoli sottratti a terzi e di armi), che ha permesso loro di neutralizzare vigilantes armati. Il gruppo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato pronto a colpire di nuovo, visto la disponibilità di armi e la freddezza dimostrata: di qui l'esigenza cautelare. I preparativi dell'assalto sarebbero cominciati già nel settembre del 2024, con il furto a Roma e a Siena di alcuni dei veicoli utilizzati per fermare il traffico, poi dati alle fiamme. Il gruppo operava con telefoni «burner», senza connessione ad internet per eludere i controlli, attivi solo per i giorni della rapina. I resti di uno dei telefoni sono stati trovati in un rifugio nell'entroterra pisano, dove viveva da anni il componente più anziano della banda, tra le ceneri ancora calde di un falò. Numerosi i sopralluoghi effettuati dai membri della banda, giunti appositamente nel continente nei vari mesi in diverse composizioni, per preparare il colpo nei dettagli, anche preoccupandosi di precostituirsi un alibi che potesse localizzarli lontano dal luogo dell'azione, come ad esempio quello di presenziare ad una concomitante fiera in Umbria o quello di acquistare un macchinario agricolo in Emilia Romagna. Alibi radicalmente smentiti dalle risultanze investigative.
A dare una svolta alle indagini è stato il rinvenimento di un bigliettino dimenticato a terra con due numeri di telefono accanto ai resti di un telefono cellulare bruciato, vicino a dove era stata individuata nella boscaglia una delle auto usate per l'assalto.
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