Cronache

Bambino morto in gita per un malore: l'insegnante rischia 8 mesi di prigione

Secondo l'accusa avrebbe dovuto impedire ad Alessio, che aveva impiantato un defibrillatore, di salire i 40 scalini del municipio

Bambino morto in gita per un malore: l'insegnante rischia 8 mesi di prigione

Brescia Quaranta gradini. Una distanza non certo insormontabile ma che per Alessio Quaini, 13enne affetto da cardiopatia congenita, potrebbe essere stata letale.

Era una mattinata primaverile dell'aprile del 2014 quando il ragazzino di Vallio Terme, nel Bresciano, salì le scale della sua morte, quelle del municipio di Villanuova sul Clisi. Era in gita con i suoi compagni di classe, che ancora ricordano i drammatici momenti. Otto anni dopo, l'insegnante che aveva in custodia Alessio potrebbe rischiare una condanna a 8 mesi di carcere. È questa la richiesta del pubblico ministero Carlo Pappalardo, del Tribunale di Brescia, per la docente responsabile della gita.

Per il consulente del pm e per i medici che lo avevano in cura e che gli avevano impiantato il defibrillatore, lo sforzo di salire le scale durante la gita era stato un ostacolo insuperabile. Secondo l'accusa, la professoressa sapeva della malattia e non doveva far fare quello sforzo al ragazzo. La difesa ha invece evidenziato che non è stato esaminato il defibrillatore di Alessio, che avrebbe potuto rivelare o meno con certezza l'aritmia. Inoltre, sempre secondo la difesa della docente - non c'era certificazione medica portata a scuola e solo qualche mese prima il ragazzo era stato al Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera, l'imponente residenza di Gabriele D'Annunzio, dove le scale non mancano. Eppure, sempre secondo il pm, l'insegnante avrebbe dovuto vigilare.

L'avvocato difensore Ennio Buffoli ha invece chiesto l'assoluzione perché il fatto non sussiste. Stando a una consulenza difensiva, quella morte fu «inattesa per un peggioramento improvviso in un quadro di stabilità clinica». Tradotto: una terribile e imprevedibile causalità. Bisognerà ora attendere il 28 settembre per sapere se, secondo i giudici, per la morte di Alessio ci sono delle responsabilità colpose o meno. Quel che è certo è che Alessio, come il gemello Simone, soffriva di cardiomiopatia ipetrofica dilatativa dalla nascita, nel 2000. Il primo ad avere sintomi era stato proprio Simone, che morì nell'agosto del 2002 mentre era in attesa di trapianto. Alessio invece era stato bene fino al 2010, quando aveva avuto la prima crisi cardiaca. Fu in quell'anno che gli venne impiantato un defibrillatore interno. L'ultima crisi arrivò proprio l'11 aprile del 2014 in una gita come altre, quella che gli costò la vita.

La famiglia, originaria del minuscolo comune della Valsabbia, ha vissuto con dignità e spirito civico il secondo drammatico lutto 12 anni dopo il primo. In ricordo dei due figli Alessio e Simone i genitori Erica e Paolo hanno infatti dato vita all'associazione «Fallo col Cuore», grazie alla quale in questi anni sono stati installati 17 nuovi defibrillatori in tutto il Bresciano e non solo. Ma il sodalizio ha uno scopo su tutti: sensibilizzare bambini e adulti alla possibilità di salvare la vita altrui in caso di arresto cardiaco.

La famiglia Quaini non si è però espressa in queste ore, dopo la richiesta di condanna dell'insegnante delle scuole medie. Nessuna pena potrà mai restituire Alessio, rimasto idealmente sull'ultimo di quei quaranta lunghissimi gradini.

E la ferita, otto anni dopo, resta aperta.

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