In poche settimane ha scalato le classifiche dell'ospitata tv compulsiva, facendo le scarpe a pensatori del rango di Orsini, Dibba e Mauro Corona.
Ora i conduttori di talk-show sono disperati: tocca trovare un nuovo sottopancia (la strisciata con nome e qualifica) per la platinata Elena Basile, nota come «ex ambasciatrice», che con grazia dispensa agli sfortunati spettatori del circo tv le sue autorevoli sentenze sulle nefandezze di Occidente e Israele.
Perché ambasciatrice, si scopre, non è. Ad accusarla di millantato titolo, e a prenderne con inusitata durezza le distanze, è piombato ieri un comunicato del sindacato dei diplomatici italiani: Basile «non è mai pervenuta al grado apicale della carriera, come un utilizzo improprio del titolo di ambasciatrice farebbe presumere». Mai ottenuto l'ambita «promozione ad ambasciatrice», appellativo che può «incidere sulla percezione di autorevolezza dell'interlocutore». Percezione sbagliata, fanno capire i colleghi di Basile, e non si fermano qui: «Stigmatizziamo - mettono nero su bianco - dichiarazioni ed interventi pubblici che gettano un'ombra sulla fedeltà ai valori repubblicani dei membri della carriera, come quelle pronunciate dalla collega».
Mai si era assistito ad una pubblica lavata di capo di questa asprezza. Ma le recenti uscite tv della signora erano state la goccia finale: «È una brutta notizia che ci siano pochi ostaggi Usa in mano ad Hamas - aveva soavemente asserito, sbattendo le ciglia ben truccate - perché se fossero tanti gli Stati Uniti potrebbero avere un ruolo di moderazione». Facendo saltare sulla sedia Aldo Cazzullo e Paolo Mieli, seduti al suo fianco.
Ma è solo l'ultima perla della presunta «ambasciatrice», nonché «scrittrice» (ha pubblicato vari romanzi ispirati a sé medesima, perché «come diceva Flaubert, Emma Bovary c'est moi»), «commentatrice di politica internazionale» e pure «creator digitale», come si presenta su Facebook confidando che le piace «adulare e sedurre». Non a caso a lanciarla sul proprio giornale (col sobrio pseudonimo di Ipazia) è stato quel gran talent scout di Marco Travaglio: recentemente lei ha equiparato «le violenze barbariche di Hamas e quelle di Israele», paragonando i macellai islamisti ai «carbonari del Risorgimento», che in fondo erano anche loro «terroristi». Ha teorizzato che «i filo-putiniani sono i veri filo-ucraini perché vogliono la fine dei massacri». Assicura che se ora la pacifica Russia ha qualche «tendenza bellicosa» è a causa «dell'espansionismo Nato». Denuncia «un Occidente che si crede superiore ad Hamas, Putin e Xi». Dà del «ridicolo» a Draghi, «santificato dall'Europa liberista» e esalta lo spione putiniano Assange. Celebra il nipote picchiatello e novax di Jfk.
Ma ieri sera la solitamente loquacissima Basile era silente, anche sui social: l'ultimo tweet (corredato come sempre da numerosi selfie che la ritraggono in abito da sera e
in costume da bagno, sul letto o sulla spiaggia, con Moni Ovadia o col gatto) se la prendeva con Carlo Calenda e col giornalista Franco Bechis, rei di averla criticata: «Hanno venduto l'anima al diavolo!». Poi, più nulla.
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