addio alla Regina

Belfast s'inchina a Re Carlo per dimenticare gli anni bui

Il sovrano in Nord Irlanda ricorda le ferite dei "Troubles" che toccarono pure la Casa Reale. "Lavorerò per la pace"

Belfast s'inchina a Re Carlo per dimenticare gli anni bui

Dallo slogan «regina di morte», esibito e urlato contro la visita di Elisabetta II nel 1977, al grido entusiasta «Dio salvi il Re» per l'arrivo del suo erede Carlo III. La Regina è riuscita anche in questa impresa. Far cambiare il clima nei confronti della monarchia pure nella travagliata Irlanda del Nord, dilaniata da quei Troubles che in trent'anni fecero 3600 morti mentre oggi, memore del dolore e sangue versato, questa porzione di Regno è ancora al centro di un braccio di ferro politico tra repubblicani e unionisti, anche con l'Unione europea sul post-Brexit. Ieri era «Brits Out», fuori gli inglesi, e «l'Irlanda agli irlandesi». Oggi le scene a Belfast sono le stesse che si ripetono in ogni angolo del Regno Unito, dalla Londra culla della monarchia alla Scozia indipendentista: la folla attende ore per stringere le mani di Re Carlo III, la Union Jack sventola, la commozione per la morte di Sua Maestà ricorda a tutti il lavoro per l'unità compiuto in vita dalla Regina. «Ha mostrato come un gesto piccolo e insignificante una visita, una stretta di mano, attraversare la strada o pronunciare qualche parola in irlandese può fare un'enorme differenza nel cambiare atteggiamenti e costruire relazioni», ha ricordato lo Speaker dell'Assemblea di Stormont, Alex Maskey, repubblicano e presidente del Parlamento nordirlandese in cui il suo partito, lo Sinn Fein nazionalista e cattolico, ex braccio politico dei terroristi dell'IRA, ha strappato la maggioranza dopo 101 anni. «Ha dato l'esempio nel promuovere la pace e nella costruzione di relazioni con quelli di noi che sono irlandesi e condividono una diversa fedeltà politica e aspirazioni differenti da lei e dal suo governo», ha aggiunto Michelle O'Neill, vice presidente del Sinn Fein alle prese con il rebus per la formazione del governo di Stormont ora in stallo politico.

Eppure, per la prima volta in 80 anni di un Re maschio a Belfast, dopo le oltre 20 visite di Elisabetta II, a Belfast per la cerimonia religiosa in onore della Regina c'erano tutti, oltre a Carlo III e la Regina consorte Camilla: c'era il leader degli unionisti del Dup Sir Jeffrey Donaldson, la premier inglese Liz Truss e i vertici della Repubblica d'Irlanda, dal presidente Michael Higgins, al premier Micheal Martin. Davanti a loro Carlo si è impegnato a seguire l'impegno di Elisabetta II per la pace in Nord Irlanda, alla quale la Regina contribuì con molte mosse. Nel 2011 visitò la Repubblica d'Irlanda - primo sovrano a farlo dalla sua indipendenza - l'anno dopo strinse la mano all'ex leader del Sinn Fein, Martin McGuinness. «Mia madre ha visto l'Irlanda del Nord attraversare cambiamenti storici ed epocali - ha detto Re Carlo - Non ha mai smesso di pregare per i tempi migliori di questa terra e della sua gente, per la quale nutriva grande affetto e stima e di cui conosceva le storie e i dolori, che anche la nostra famiglia aveva vissuto». Era l'agosto del 1979, in pieni Troubles, quando Lord Mountbattent, ammiraglio britannico e ultimo viceré dell'impero anglo-indiano, cugino della Regina e zio del Principe Filippo, per il quale era come un padre, morì per una bomba piazzata dall'IRA sulla barca a vela su cui viaggiava. Uno shock per la Casa Reale e la prima e più diretta vittima nella sanguinosa battaglia sul suolo irlandese.

I sentimenti anti-monarchici restano ancora forti. Mentre il Galles aspetta Re Carlo, a Londra sono previste manifestazioni anti-monarchiche per l'arrivo della salma di Sua Maestà dalla Scozia e a Edimburgo e nella capitale inglese sono già scattati i primi e contestatissimi arresti per le proteste. Belfast è la prova dei miracoli a cui ha contribuito la Regina, ma le divisioni potrebbero essere state messe sotto al tappeto solo per un momento simbolico.

Ieri i detrattori del nuovo Re ricordavano che nel 1977 Carlo fu nominato colonnello in capo del Reggimento Paracadutisti, lo stesso che si macchiò del Bloody Sunday.

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