La sconfitta elettorale accende la dialettica interna alla Lega. Lo fa prendendo vie esterne e laterali, senza un'onda che si propaga dall'interno. Sono infatti soprattutto gli esponenti della vecchia guardia, quella più legata a Umberto Bossi e a Roberto Maroni a sollevare eccezioni e invocare una correzione di rotta.
L'attacco a Matteo Salvini si sviluppa su due fronti: dentro la Lega nasce il «Comitato per il Nord» lanciato dal Senatùr, un progetto che punta a recuperare dialogo e voti nel bacino territoriale più naturale per il Carroccio. Fuori dalla Lega i nordisti ex militanti che Gianni Fava - già sfidante per la segreteria nel 2017 - intende radunare il 15 ottobre a Biassono. Da verificare i numeri di entrambi i tentativi, ma di certo queste iniziative vanno a intercettare umori che oggi sono presenti nelle regioni del Nord. Un elettorato che negli ultimi 30 anni ha avuto la Lega come partito di riferimento e oggi guarda a Fratelli d'Italia.
«Il prossimo 20 ottobre è convocato il consiglio federale della Lega nord che dovrà fissare la data del prossimo congresso. Salvini stavolta non potrà correre perché fa il segretario del suo partito personale. Si riapre la partita per rilanciare la Lega Nord che è cosa diversa dalla Lega Salvini premier» dice a LaPresse Gianni Fava. «Sono pronto a rimettermi in gioco come ho fatto 5 anni fa con la consapevolezza che il mondo è cambiato e stavolta la partita sarà aperta» assicura, dando appuntamento a sabato 15 ottobre a Biassono (Monza e Brianza) per la manifestazione «Per il Nord! Riparte la battaglia». Fava non aderirà alla corrente di Bossi perché «potrebbe diventare una componente di un partito che non è il mio».
L'ex ministro Roberto Castelli si schiera su una linea di attesa rispetto alla sortita bossiana. «Se il Comitato del Nord parte dall'esigenza di portare alla ribalta il dibattito sulla questione settentrionale, ben venga. Ma vediamo la vera essenza di questa iniziativa». Per il momento Castelli con la sua associazione parteciperà all'appuntamento di Biassono.
Il consigliere regionale veneto Fabrizio Baron ritiene che «la proposta di Bossi rappresenti uno sfogo figlio del malessere che è dato dalla lontananza del partito dal territorio». Baron nei giorni scorsi ha candidato Matteo Salvini a ministro delle Regioni e per l'Autonomia. «Da 3 anni non si fanno congressi, dopo 4 anni al governo non si è riusciti a fare l'Autonomia che è tema fondante della Lega. In compenso abbiamo votato per quella specie di Cassa per il mezzogiorno che è il reddito di cittadinanza per non parlare di come in un nulla abbiamo votato per Roma Capitale».
L'eurodeputato Giannantonio Da Re si dice «pronto ad aderire alla proposta di Bossi, è un ritorno alle origini forse ma soprattutto a ciò per cui abbiamo lottato e lavorato per tanti anni». Decisamente contrario è invece l'ex ministro del Bilancio, Giancarlo Pagliarini. «Il Comitato lanciato da Bossi è una bestemmia. Ho letto che lo fa per recuperare voti. Le cose si fanno se ci credi, non per avere dei voti». L'ex capogruppo Marco Reguzzoni è convinto che Bossi abbia ritrovato «l'occhio della tigre».
«Il 60% dei voti a Scampia per i Cinquestelle vuol dire che c'è parte del Paese che vuol continuare a essere mantenuta e una parte dell'Italia che non ci sta e non può reggere una roba del genere». Francesco Speroni, infine, giudica positivamente il Comitato di Bossi perché «non è una scissione o roba del genere». Anzi «è in linea con le ultime dichiarazioni di Salvini».
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