Politica

Il buco nero dei voti grillini in libera uscita

Si è aperta una voragine nella democrazia italiana. È un vuoto di consenso, che in parte verrà riassorbito, ma che potrebbe anche avere conseguenze al momento difficili da definire

Il buco nero dei voti grillini in libera uscita

Si è aperta una voragine nella democrazia italiana. È un vuoto di consenso, che in parte verrà riassorbito, ma che potrebbe anche avere conseguenze al momento difficili da definire. È come quando muore una stella di grande massa, che comincia a ruotare velocemente su se stessa fino a implodere e ad attirare intorno al suo orizzonte i corpi più piccoli. È così che si formano i buchi neri. Qualcosa di simile potrebbe accadere nello scenario politico che stiamo vivendo. La scissione dei Cinque Stelle, per quanto attesa, con Di Maio e Conte che si ritrovano a muoversi divisi nello stesso spazio, apre una questione legata al consenso. Dove stanno andando i voti in fuga dai grillini? Alcuni si sono accasati a destra, attratti dal successo nei sondaggi di Giorgia Meloni, qualcuno da tempo si è parcheggiato nello spazio Salvini, altri sono tornati a ruotare intorno al Pd o ai satelliti della sinistra. Ma la gran massa che farà? I due tronconi del Movimento non hanno la stessa forza gravitazionale. È polvere di stelle. Beppe Grillo non ha il potere e la voglia di ricominciare. La rete che sognava la democrazia diretta si è spenta. L'onda populista non ha retto alle responsabilità di governo. I capetti grillini hanno finito per rinnegare se stessi, accasati, normalizzati, deludenti e disillusi. Molti di loro si interrogano su cosa fare dopo l'avventura parlamentare, altri sperano ancora di trovare un posto di fortuna nel sottobosco della politica. I loro elettori sono smarriti e dispersi. Questo spazio vuoto potrebbe allora allargare l'area del non voto, seguendo un fenomeno già rilevante alle ultime amministrative. È il luogo dove finiranno tutti quelli che non ci credono più, stanchi di aspettare un cambio di marcia, incapaci di vedere una prospettiva. Sono gli elettori che si sono arresi e fuggono dal gioco democratica, ritirandosi in un qualunquismo senza sbocchi, senza speranze. «Tanto è tutto inutile. Non cambia nulla». La disillusione, impastata con la paura, è uno degli ingredienti più letali per la civiltà liberal-democratica. In giro ce ne è in abbondanza e stiamo già oltre il livello di guardia.

La dismissione non è però il rischio maggiore. Il non voto crea delegittimazione. È un consenso negato, ma ha i contorni di una ribellione pacifica. In autunno si sentiranno sulla pelle nuda gli effetti della «tempesta perfetta». Il costo della vita è già insopportabile, ma l'emergenza energetica cambierà le abitudini degli italiani. Il piano di ripresa e resilienza viene ormai nominato sottovoce, come se il solo parlarne finisca per assomigliare a una beffa. Allora quel vuoto diventa una minaccia. Ci sono le condizioni per attirare il voto antisistema di quelli pronti a tutti, di chi sogna la piazza e in qualche modo si sente legittimato a scaricare rancore e rabbia. Non si sa cosa spunta dal cilindro della storia. Non ci sono leader di questo tipo al momento in Italia. I partiti però dovranno dare risposte concrete. I grillini hanno fallito, ma la malattia è ancora là.

E c'è chi ci specula, in Italia e all'estero (Putin).

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