Politica

Calenda conservatore schiavo della sinistra

I politici di oggi scrivono un florilegio di libri. De Gasperi e Craxi si limitavano a pubblicare raccolte di articoli o di discorsi, De Gaulle solo memorie, ma chi erano in fondo? Tra i più prolifici, spicca Carlo Calenda

Calenda conservatore schiavo della sinistra

I politici di oggi scrivono un florilegio di libri. De Gasperi e Craxi si limitavano a pubblicare raccolte di articoli o di discorsi, De Gaulle solo memorie, ma chi erano in fondo? Tra i più prolifici, spicca Carlo Calenda: tre dal 2018, quasi una media di uno all'anno. E si tratta di testi teorici, almeno nelle intenzioni, dove egli ci spiega come va il mondo e come riformarlo: l'ultimo è certamente quello che farà più discutere fin dal titolo, La libertà che non libera (La Nave di Teseo) che a me ha fatto subito pensare a Croce, quando notava che, se si aggettiva il concetto di libertà, c'è sempre qualche problema. Certo lo sforzo è lodevole: Calenda ha letto molto, e in vari ambiti dello scibile umano, dalla storia alla filosofia, dalla sociologia all'antropologia, dalla psicanalisi alla geopolitica. Ma, come accade spesso a chi non possiede un metodo, queste conoscenze, spesso di autori complessi, finiscono per affastellarsi e portare l'autore nella direzione opposta a quella voluta. Calenda si propone infatti come leader di un nuovo progressismo anti populista ma il suo libro sembra scritto da un pensatore del conservatorismo. L'elogio del limite, del radicamento, della patria, della tradizione, della religione, le (giuste) lamentazioni sulla fine dello spirito della gerarchia e sul ruolo fondamentale della famiglia e addirittura del pater familias, sembrano uscire dalle pagine di un Roger Scruton, che Calenda non cita e che probabilmente non ha mai letto. Negli Stati Uniti un libro del genere, con gli attacchi (giusti) alla cancel culture e al woke farebbe classificare l'autore nel giro dei conservatori cosiddetti «post liberali», come ha osservato qualcuno. Meglio per Calenda? Mica tanto, visto che il suo obiettivo politico è rifare la sinistra. Dello spirito del conservatorismo però purtroppo Calenda ha lasciato da parte il liberismo, senza il quale il primo non può esistere. O tende ad assomigliare al socialismo. Tutte le soluzioni da lui proposte sono infatti improntate a «regolare» e «dirigere», due verbi onnipresenti. Peggio ancora, il compito di dirigere è assegnato alla politica, la sua, ovviamente.

Siamo nel pieno della «fallacia razionalistica», denunciata a suo tempo da Von Hayek, e all'esaltazione della politica: quando tutto il pensiero liberale ha sempre voluto mettere limiti sì, ma alla politica. Ecco quindi proposte involontariamente comiche, come quella di voler tassare al 90% Bezos e Musk, l'ammirazione per la Cina che limita i videogiochi, fino alla denuncia delle «multinazionali straniere», come un sovranista qualsiasi. Non a caso mai sono citati giganti del pensiero italiano, Croce, Einaudi, Bruno Leoni. Per forza: per loro, solo la libertà è ciò che ci libera. Per Calenda invece la libertà deve essere limitata. Se non da lui, dal suo partito. Niente di nuovo insomma: il solito vizio della sinistra di insegnarci come liberarci.

Ma noi siamo in grado di farlo da soli, grazie.

Commenti