Guerra in Ucraina

La (complicata) carta del gas via nave per diminuire la dipendenza da Mosca

I rigassificatori mobili attivi sono solo 31: l'Europa ne possiede solamente un paio. Per costruirne di nuovi servono almeno 5 anni

La (complicata) carta del gas via nave per diminuire la dipendenza da Mosca

Ci sono almeno due motivi se la Germania deve alzare il livello di allerta sul gas e se l'Italia non esclude del tutto l'ipotesi. Il primo, ovvio, è che siamo i due Paesi più dipendenti dal gas di Putin in Europa. Il secondo è che per diversificare l'approvvigionamento avremmo bisogno di navi rigassificatrici, utili a importare il gas naturale liquido (Gnl), ma ci siamo mossi un po' in ritardo. Nel mondo ne esistono una trentina, sono sparse in tutto il mondo tranne che in Europa e di disponibili all'acquisto ne sono rimaste solo 5 o 6.

Per produrre energia, al netto del carbone (inquinante) delle rinnovabili (ancora al palo) e del nucleare (inviso ai più), il gas resta la soluzione più semplice. Se fino a quattro mesi fa l'Europa acquistava il 43% del suo fabbisogno da Putin il motivo principale era il prezzo: il metano russo costava poco, molto meno del Gnl che va estratto, liquefatto a -160°, caricato su una nave metaniera, trasportato dall'altra parte del mondo, rigassificato e infine immesso nella rete nazionale. Oggi, però, il gap del prezzo si è ridotto e il Gnl è diventato una delle opzioni più quotate per staccarsi da Mosca. «La produzione di Gnl è in costante crescita», dice Sebastien Bumbolo, General Counsel di Adriatic LNG, la società che gestisce l'impianto di rigassificazione di Rovigo. «Entro il 2025 la capacità di liquefazione mondiale raggiungerà circa 1.000 miliardi di metri cubi l'anno».

Certo l'Italia ha anche stipulato accordi con diversi Paesi africani (Libia, Egitto, Angola, Algeria) per aumentare le forniture di gas via tubo, ma non basta. E non si può certo costruire un metanodotto sotto l'Atlantico per raggiungere gli Usa: sopra i 4mila km di tubo, il prezzo sarebbe proibitivo e conviene acquistare quello liquefatto. Così, per sostenere le sanzioni europee, Biden ha promesso 50 miliardi di metri cubi all'anno di Gnl entro il 2030. C'è un piccolo problema, però: in Europa sono attivi circa 20 rigassificatori e non sono sufficienti. La Germania non ne ha nemmeno uno. I tre impianti italiani (Rovigo, La Spezia, Livorno) sono già al 75% della loro operatività. E i sei spagnoli non sono collegati da metanodotti in grado di portare il gas in giro per l'Ue.

L'unica soluzione sono dunque i rigassificatori su nave. Si tratta di impianti già pronti che occorre solo acquistare e collegare alla rete nazionale. Germania e Italia si sono mosse, ma anche qui sono sorti intoppi. Nel mondo sono attive 31 navi rigassificatrici e la loro mappa, che il Giornale ha potuto ricostruire, mostra come siano dislocate un po' ovunque, tranne che in Europa. Bangladesh e Pakistan ne hanno due a testa, l'Indonesia tre, il Brasile cinque, le altre sono ormeggiate (al largo o in porto) tra Turchia, Egitto, Israele, Jamaica, Colombia, India e Senegal. L'Ue ne ha due: una a Livorno, da 3,75 miliardi di metri cubi l'anno; e l'altra in Croazia. Poi basta.

A marzo gli Stati europei sono corsi dietro alle poche unità sul mercato: secondo Karl Staubo, ad di Golar LNG, quelle disponibili erano solo cinque o sei. Per costruirne di nuove serve tempo, almeno fino al 2027. Quindi ci si è dovuti arrangiare con l'esistente: Berlino ne ha adocchiate quattro, l'Italia due (la prima, la Golar Tundra, è costata 330 milioni di euro). E il loro prezzo, non è un caso, è salito in pochi mesi del 50%.

Trovati gli impianti galleggianti, restano poi gli altri problemi. Primo: le città prescelte come base per i rigassificatori di solito protestano: è successo a Piombino e pure a Wilhelmshaven. Secondo: il Gnl a disposizione oggi non è molto, quello Usa non basta e comunque occorre competere col mercato asiatico. Terzo: le prime navi rigassificatrici inizieranno ad operare a metà 2023, le altre nel 2024. Sostituire il gas di Putin con quello liquido si può fare, ma è sfida ardua: per quest'inverno dovremo accontentarci degli stoccaggi di gas.

Sperando che lo Zar non chiuda del tutto i rubinetti.

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