Coronavirus

Covid, l'Ue (ancora) divisa sulla stretta a Pechino. Ema: "Fondamentale un coordinamento comune"

Arrivi dalla Cina, domani vertice a Bruxelles. Il "no" di Berlino alle restrizioni

Covid, l'Ue (ancora) divisa sulla stretta a Pechino. Ema: "Fondamentale un coordinamento comune"

Come da copione, già visto nella prima drammatica ondata della pandemia, nella Ue si parte in ordine sparso. L'Italia è stata la prima a controllare che tipo di covid ci stavano portando dall'Oriente i cinesi ormai liberi di viaggiare (anche se infetti). Sono stati rispolverati tamponi di controllo in aeroporto e incrementato il sequenziamento, due passaggi indispensabili per testare l'evoluzione del virus.

Il nostro paese è stato seguito dalla Spagna che ha adottato restrizioni ancora più severe sulla quarantena dei cinesi positivi. Infine si è aggiunta la Francia a creare delle barriere agli sbarchi. Ma questo non può bastare a tenere sotto controllo la situazione. Il blocco dei paesi del Nord Europa è ancora refrattario agli screening. La Germania poi, è fortemente contraria, timorosa di frenare un'interessata ondata economica a dispetto dei rischi sanitari che può provocare una nuova variante sconosciuta.

Ma una stretta comune andrà fatta e probabilmente domani, in una riunione indetta a Bruxelles, ci sarà un cambio di passo per reagire in modo uniforme all'ondata di soggetti infetti che dalla Cina dilagherà anche in Occidente dopo l'abolizione di tutti i paletti del governo per raggiungere l'obiettivo (fallito) di zero contagi. Sono attesi nella Ue milioni (siamo sicuri si tratterà di milioni? Centinaia di migliaia?) di cinesi che, blindati per anni, ora sono liberi di scorrazzare per il pianeta sguarniti di una buona immunizzazione contro le nuove varianti del virus. E servono controlli per capire se questa vasta platea possa diventare una minaccia nei paesi Ue che ha addomesticato il virus con grandi sacrifici. Ecco perché è così importante che i tecnici dei vari paesi si mettano d'accordo. Bisogna approvare ovunque misure comuni «in modo coordinato» ha detto anche la portavoce della presidenza di turno svedese che domani riunirà i tecnici di Ipcr, cioè «i dispositivi integrati per la risposta politica alle crisi».

Un fronte comune, del resto, è fedele al programma Ue 2021/2027 che prevede un coordinamento tra gli stati membri per rafforzare la cooperazione dei sistemi sanitari di fronte a pericoli per la salute a carattere transfrontaliero. Cosa che riguarda in primo luogo il pericolo cinese. In realtà nessuno vuole discriminare chi ha il covid e arriva dalla Cina infetto. E anche il responsabile vaccini e prodotti terapeutici Covid-19 dell'Ema ritiene che il monitoraggio sia doveroso e necessario: «Una sorveglianza genomica è opportuna» spiega Marco Cavaleri. «È vero che le varianti non si possono fermare vista la contagiosità, ma i controlli servono a far emergere quelle varianti che possono destare preoccupazione e ad adottare decisioni tempestive». Per questo non si può andare in ordine sparso. «Mi auguro si possa raggiungere un accordo condiviso tra i paesi della Ue dice l'esperto per mantenere e migliorare i controlli anche ad ampio spettro». Dunque nessuna discriminazione, ma gli occhi vanno tenuti ben aperti. E non solo da chi proviene dalla Cina.

C'è Gryphon che dagli Usa è già sbarcata da noi verso cui l'immunità vaccinale è molto più bassa che con le altre sottovarianti omicron. In pratica gli anticorpi non neutralizzano questa variante e solo con i richiami dei vaccini più moderni si può tenere a bada. «È molto importante che le categorie più a rischio facciano il richiamo con il bivalente, per fortuna disponibile da noi in Europa» raccomanda Cavaleri per prevenire «una possibile salita delle ospedalizzazioni.

Non mi aspetto catastrofi precisa ma il trend in ascesa negli Usa e in Inghilterra è un campanello dall'allarme che non possiamo ignorare».

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