Guerra in Ucraina

Craxi: "Da Sigonella all'Ucraina: ecco come si difendono gli interessi nazionali"

Stefania Craxi, presidente della commissione Esteri del Senato, ricorda la crisi di Sigonella e indica l'Italia come faro nel Mediterraneo

Craxi: "Da Sigonella all'Ucraina: ecco come si difendono gli interessi nazionali"

“Mio padre ha voluto far rispettare il diritto internazionale, come anche noi oggi siamo impegnati a fare in Ucraina". Stefania Craxi, presidente della commissione Esteri del Senato, ricorda così la crisi di Sigonella del 1985, un evento che il sindaco di Rieti, Antonio Cicchetti, ha rievocato nella targa commemorativa del busto di suo padre Bettino, inaugurato oggi.

La stupisce che l'idea di dedicare una statua a suo padre arrivi da un sindaco marcatamente di destra?

“No, la stragrande maggioranza delle piazze e delle strade intestate a Craxi sono tutte di giunte di centrodestra. Mi fa effetto piuttosto che le giunte di sinistra, come quella di Milano, ancora non facciano questo gesto. È la dimostrazione dei loro tanti ritardi, basta guardare alla posizione del PD sui referendum sulla giustizia…”.

Ma Sigonella cos'ha rappresentato per suo padre e per la politica italiana?

"Con un motto di orgoglio nazionale, ha voluto ribadire un concetto molto semplice: l'Italia è un alleato leale e deve essere trattato alla pari. L'alleanza con gli Usa è fatta di lealtà, ma non di subalternità”.

Si ricorda come suo padre visse quei giorni?

“Con la tranquillità di chi sa di essere nel giusto. I suoi sforzi erano tesi a liberare gli oltre 500 ostaggi della nave scongiurando un intervento militare, cosa che riuscì a fare anche grazie al rapporto con l’Egitto e la mediazione di Arafat. Ricordo che seppe solo pochi minuti prima della conferenza stampa che venne ucciso un cittadino americano paralitico di origine ebraica”.

Oggi, invece, quale potrebbe essere una via d'uscita per la guerra in Ucraina?

“Da due mesi stiamo parlando di guerra e allo stato non vedo ancora un 'End game'. Non emerge una soluzione né da parte dei due contendenti né da parte dei vari mediatori e, a mio avviso, più il conflitto si protrae e più difficile sarà trovare una soluzione. Bisogna quindi raddoppiare gli sforzi, costringere la Russia di Putin a deporre le armi e far sedere a uno stesso tavolo sia gli ucraini che difendono il loro territorio sia gli invasori russi. I termini della pace, sia chiaro, saranno quelli che vorranno gli ucraini, ma tutti sono coscienti che è impensabile umiliare la Russia”.

Ma è giusto aiutare militarmente l'Ucraina?

“È giusto sostenere la resistenza ucraina a difendere il suo territorio, come riconosciuto dalle leggi internazionali. Se non l’avessimo fatto oggi racconteremmo un’altra storia. Naturalmente l'obiettivo deve essere la pace, e quindi i mezzi devono essere commisurati a raggiungere tale obiettivo. E comunque non abbiamo sul tavolo un nuovo invio di armi”.

Le sanzioni decise dell'Ue sono un segno di unità?

“Sono la risposta possibile di questa Europa. Sapevamo che le sanzioni avrebbero avuto effetti bidirezionali. Bisogna però stare attenti, applicarle senza ambiguità, valutando che quanto si va a comminare non affligga più i nostri Paesi anziché la Russia. Bisogna calibrare il tutto, agire con equilibrio e intelligenza, anche alla luce dell’offensiva altrui. L’arma economica ha lo scopo di indebolire Putin non i governi europei rispetto alle loro opinioni pubbliche”.

Secondo lei, Putin si fermerà al Donbass?

“Putin deve essere ricondotto alla ragione. Se come recita la propaganda russa i motivi di questo conflitto vanno ricercati nella volontà di tenere la NATO lontana dai confini russi, non ha centrato l'obiettivo tant'è vero che due Paesi neutrali come Svezia e Finlandia hanno chiesto di essere protetti dall'ombrello atlantico, spaventati dall'imperialismo russo”.

Che ruolo può avere l'Italia che recentemente ha presentato un piano di pace?

“I piani di pace si mettono sui tavoli per dare una cornice attorno alla quale avviare una trattativa. Il piano elaborato dalla nostra diplomazia, passato sottotraccia un po' per colpa nostra e, forse, perché i tempi secondo alcuni non sono maturi, è a mio avviso un buon punto di partenza anche se stato rigettato da Medved con toni assolutamente da rispedire al mittente. Tutto è criticabile e migliorabile ma dobbiamo esigere rispetto da chicchessia. Dopo di che l'Italia deve anche tornare a occuparsi del Mediterraneo, dove fenomeni epocali come siccità e carestia, rischiano di produrre effetti devastanti in quelle società ed investire le nostre.

Rischiamo ben oltre una immigrazione incontrollata”.

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