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L'ultima giravolta di Di Maio: "Gilet gialli? Voterei Macron..."

Il ministro degli Esteri si pente: "Non ho nessun problema a mettere nero su bianco i miei errori del passato". E promuove Macron: "Voterei per lui alle presidenziali in Francia"

L'ultima giravolta di Di Maio: "Gilet gialli? Voterei Macron..."

Sono ormai lontani i tempi della lotta perenne alla casta, delle battaglie identitarie propinate in ogni piazza d'Italia, delle forti dichiarazioni senza rispetto delle istituzioni e delle posizioni avventate per cavalcare la scia del momento. Ponti del passato che alcuni nel Movimento 5 Stelle hanno voluto tagliare, anche se c'è ancora una forte resistenza di chi non vuole piegarsi alla rivoluzione grillina e sogna di tornare a interpretare quell'animo ribelle che nel 2018 ha consentito di raggiungere il 33%. Chi non si è fatto alcun problema nel rinnegare i propri errori è stato Luigi Di Maio, ormai fautore di una svolta moderata e diplomatica di quella parte del M5S che si è radicato nei palazzi della politica.

Il dietrofront di Di Maio

Sembrano secoli fa, ma era soltanto il 5 febbraio 2019 quando l'attuale ministro degli Esteri e Alessandro Di Battista si erano messi in viaggio per incontrare la galassia dei gilet gialli. Un faccia a faccia con Christophe Chalençon, uno dei leader del movimento francese, che evidentemente Di Maio non ricorda con estremo piacere. Intervenuto in occasione della Festa dell'ottimismo del quotidiano "Il Foglio", il titolare della Farnesina non si è nascosto e si è spogliato completamente di alcune mosse degli scorsi anni: "Non ho nessun problema a mettere nero su bianco i miei errori del passato".

Ma c'è di più. Di Maio, pur sottolineando di non voler interferire in alcun modo, ha riferito che se potesse votare alle elezioni presidenziali francesi sceglierebbe di sostenere il presidente uscente Emmanuel Macron: "Voterei per lui". Eppure il ministro degli Esteri lo accusava di lavorare "più per le lobby che per i cittadini". L'esponente grillino era convinto che lo spirito dei gilet gialli fosse lo stesso che aveva animato il Movimento 5 Stelle fin dalla sua nascita, ma ora ci ha ripensato e si guarda bene dal fornire loro ancora una sponda.

La metamorfosi

Di Maio è diventato un uomo di palazzo. Dal parto del governo gialloverde con la Lega fino all'esperienza con Mario Draghi ha assunto importanti ruoli istituzionali, riuscendo a creare una rete di rapporti personali con le maggiori personalità estere. Verrebbe quasi da dire che le sue piroette e i suoi passi indietro siano un passaggio obbligato. Ma va comunque registrata la sua volontà di metterci la faccia e di chiedere scusa per quanto fatto nel passato.

La metamorfosi di Di Maio però si traduce in una serie di problemi all'interno del Movimento 5 Stelle. Non sempre infatti la sua linea combacia perfettamente con quella di Giuseppe Conte, a cui spetta il compito di risollevare le sorti del M5S con un'impronta diversa rispetto alle origini. Tuttavia l'avvocato in più di un'occasione (vedi il caso Rai) ha dimostrato di non avere leadership: prima ha annunciato la linea dura contro il servizio pubblico per poi tornare sui suoi passi. Mentre lui si è dimostrato irritato per la vicenda delle nomine dei Tg, Di Maio non avrebbe fatto la guerra e non si sarebbe opposto.

Inevitabilmente gli equilibri nel gruppo pentastellato sono precari. Nonostante entrambi smentiscano divisioni e divergenze di pensiero, la situazione fragile è abbastanza eloquente: ad esempio al Senato clamorosamente ha avuto la meglio Mariolina Castellone, nuovo capogruppo grillino al posto del "contiano" di ferro Ettore Licheri. La Castellone è considerata vicina a Luigi Di Maio e dunque a Palazzo Madama ha trionfato la linea "dimaiana".

Un colpo basso per Conte che deve confrontarsi con un personaggio politico che, seppur giovanissimo, di certo non si fa trovare impreparato di fronte alle sue mosse.

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