Il doppio gioco dello Zar: delegittimare il leader ucraino (ma senza irritare Donald)

I media russi: intense comunicazioni con Washington. E gli sherpa trattano nell'ombra

Il doppio gioco dello Zar: delegittimare il leader ucraino (ma senza irritare Donald)
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Vladimir Putin fa il furbo, retaggio del vecchio addestramento al doppio gioco quando era ufficiale del Kgb. Sabato notte ha lanciato i negoziati di Istanbul per poi mandare una delegazione di basso livello, ma fedelissima. L'obiettivo è ricominciare dal 2022 pur sapendo bene che in mezzo ci sono stati tre anni di guerra, che hanno cambiato le carte in tavola. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha giocato d'anticipo dicendosi pronto a incontrare il capo del Cremlino. Il nuovo Zar ha fatto il pesce in barile, dopo aver dichiarato tante volte che era disponibile ad incontrare il «nemico». Alla fine ha risposto «niet» gettando la maschera, ma stando sempre bene attento a non irritare troppo Donald Trump.

La ricostruzione dietro le quinte del Moscow Times rivela che Putin non vuole incontrare Zelensky, considerandolo al di sotto del suo livello e ha sempre sperato di farlo solo per «accettare la resa». Un'illusione coltivata fin dall'inizio dell'invasione, ma che non ha riscontro nella realtà. «Nelle settimane scorse ci sono state intense comunicazioni con Washington e negli ultimi giorni hanno raggiunto un picco - spiega una fonte al Moscow Times- Se Trump avesse invitato personalmente Putin allora sarebbero cambiate le cose, ma Zelensky non viene considerato un pari e lui non vuole un faccia a faccia». In tanti hanno parlato troppo, sia da Kiev, che a livello europeo, con il rischio di far saltare tutto. Nella mentalità al contrario dei russi «dopo l'ultimatum di Zelensky a Putin accettare di incontrarlo sarebbe stato cedere e perdere la faccia». In realtà il presidente russo vuole incontrare Trump con l'obiettivo di risolvere con lui l'intricata partita. «Il Cremlino sta cercando di ottenere che Trump negozi un accordo favorevole a Mosca oppure concluda che la pace non è possibile per colpa di Kiev e dei suoi alleati europei - spiega Alexander Gabuev, direttore di Carnegie Russia Eurasia Center di Berlino - in questo modo la guerra in Ucraina non sarebbe più una priorità degli Usa».

Fra furberie, insulti e provocazioni da tutte e due le parti l'unico dato positivo è che sia la delegazione russa, che quella ucraina sono arrivate ad Istanbul. Putin, prima di annunciare i suoi mediatori, ha indetto una riunione al Cremlino con il ministro della Difesa, Andrei Belousov, il capo di Stato maggiore, generale Valery Gerasimov ed il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale, Sergei Shoigu. Il capo delegazione russa è Vladimir Medinsky, ex ministro della Cultura, consigliere fedelissimo di Putin, che aveva già partecipato agli incontri del 2022 in Turchia e Bielorussia. «Siamo pronti alle discussioni, alla ripresa dei negoziati di Istanbul e a possibili compromessi», ha dichiarato prima di iniziare le trattative. L'obiettivo russo «è una pace a lungo termine e duratura» con «l'eliminazione delle cause profonde del conflitto». In pratica pretenderanno, oltre al mantenimento dei territori occupati, la parziale smilitarizzazione delle forze armate ucraine e nuove elezioni. Tutte vecchie richieste che troveranno un muro da parte ucraina, ma alla fine bisognerà arrivare ad un compromesso. La delegazione di Kiev è guidata dal ministro della Difesa, Rustem Umerov, dal ministro egli Esteri, Andrii Sybiha e dal potente capo del gabinetto presidenziale, Andriy Yermak.

Per gli ucraini l'obiettivo è «il cessate il fuoco, primo elemento in agenda», almeno di 30 giorni. Oggi i negoziati dovrebbero entrare nel vivo con i facilitatori turchi e americani rappresentati dal segretario di Stato, Marco Rubio che però confessa: «Non ho grandi aspetattive».

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