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Draghi, fermezza e pazienza. Sul green pass incassa e tace

L'ex Bce già guarda a fisco e manovra, ieri discussi in Cdm. La lite sul reddito derubricata a "tensione pre-ballottaggio"

Draghi, fermezza e pazienza. Sul green pass incassa e tace

Fermezza e pazienza. Con la prima, Mario Draghi ha scelto di non arretrare di un passo sull'introduzione dell'obbligo di green pass, nonostante il pressing dei sindacati per un rinvio del D-Day a fine mese e l'insistenza di alcuni leader di partito per misure che calmierassero ulteriormente il prezzo dei tamponi per chi non è vaccinato. Con la seconda, il premier ha invece fatto decantare una giornata che a Palazzo Chigi leggono come molto condizionata dalle tensioni elettorali per i ballottaggi che si terranno domani e lunedì. Non è un caso che il Consiglio dei ministri sia slittato di quasi due ore, per un confronto tra esecutivo e Regioni - inizialmente non previsto nel format con i presidenti - sulle misure concernenti la sicurezza del lavoro. Discussione che si è prolungata al punto che il premier, infastidito per il ritardo, ne ha sollecitato con una certa energia la conclusione. Pazienza sì, ma fino a un certo punto.

L'ex numero uno della Bce, dunque, continua a muoversi seguendo quell'approccio pragmatico che più volte ha pubblicamente rivendicato. Non a caso, nel giorno in cui il Paese si interroga sull'entrata in vigore del certificato verde e sui possibili disordini, a Palazzo Chigi l'attenzione è tutta puntata sul decreto fiscale all'esame del Consiglio del ministri. Non che l'evolversi della giornata non sia seguito con l'attenzione che merita, perché è evidente che il rischio tensioni è concreto: tra i portuali di Trieste, città che andrà al ballottaggio domani e che ha una corposa sacca no vax, ma anche tra quelli di Imperia o La Spezia, per i quali il timore è che si verifichi una sorta di effetto emulazione. Sono questi i principali siti monitorati da Palazzo Chigi, che a tarda mattina archivia però la pratica come superata. Il Paese ha tenuto, non c'è stata alcuna «ora X» come qualcuno temeva e tutto è andato liscio. Ha pagato, dunque, la linea della fermezza. Quella che non si è abbandonata a concessioni, perché - questa la riflessione a Palazzo Chigi - il fatto che l'85% degli italiani sia vaccinato non è un dato trascurabile. Anzi, il via libera senza esitazioni né concessioni al green pass ha fatto rimbalzare il trend delle prime dosi di vaccino: l'altro ieri 73mila, il 34% in più rispetto a inizio settimana (in un solo giorno sono stati emessi 860.094 certificati verdi).

D'altra parte, come scrive il New York Times, quella dell'Italia sul green pass obbligatorio «è la posizione più audace» in Europa, «una delle linee più dure nel mondo occidentale». E Draghi ne è uscito vincitore. Perché è evidente che l'obiettivo è quello di spingere la campagna vaccinale il più avanti possibile, visto che è questo l'unico strumento per uscire davvero dall'emergenza legata alla pandemia. E adesso, scavallato il temuto 15 ottobre, l'ex Bce inizia ad accarezzare l'obiettivo del 90% di vaccinati entro fine anno.

Il premier, però, si guarda bene dall'andare all'incasso. Non un parola sul successo di ieri, zero trionfalismi nonostante l'annunciato black friday sia stato per nulla nero. Anzi, l'agenda è già tutta concentrata sui prossimi appuntamenti, capitolo fisco e manovra su tutti. Tanto che Draghi si infastidisce non poco per le due ore di ritardo del Conisglio dei ministri. E torna ad esercitare pazienza quando la politica va in agitazione per beghe elettorali. Prima con le Regioni che si azzuffano sui provvedimenti sul lavoro, poi con i ministri di M5s, Lega e Italia viva che vanno alla guerra sul rifinanziamento di 200 milioni per il reddito di cittadinanza. Una decisione che a Palazzo Chigi definiscono «tecnica», perché la valutazione nel merito si farà solo in sede di manovra. E, peraltro, con un impegno finanziario irrisorio, visto che il reddito grillino nel complesso ad oggi è già costato allo Stato tra gli otto e i nove miliardi.

Ma è evidente che il tema, alla vigilia dei ballottaggi, non può non essere argomento di scontro politico.

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