Guerra in Ucraina

Draghi liquida Conte sulle armi a Kiev

È il giorno della tanto vagheggiata informativa sull'Ucraina, con Mario Draghi che questa mattina è atteso prima in Senato (alle 9) e poi alla Camera (alle 11.30)

Draghi liquida Conte sulle armi a Kiev: "Italia fedele all'Ue, la linea non cambia"

È il giorno della tanto vagheggiata informativa sull'Ucraina, con Mario Draghi che questa mattina è atteso prima in Senato (alle 9) e poi alla Camera (alle 11.30). Un passaggio ripetutamente invocato da Giuseppe Conte, che da giorni punta il dito con forza sulla necessità che il premier riferisca in Parlamento, auspicando anche un nuovo voto delle Camere sull'invio di armi a Kiev. Un braccio di ferro, quello che il leader del M5s ha ingaggiato con l'ex numero della Bce, che si va facendo sempre più ostile, al punto che ieri Conte ha chiamato direttamente in causa Draghi persino sulla nomina del nuovo presidente della commissione Esteri del Senato. Una scelta davvero curiosa, perché si fa fatica a capire cosa possa avere a che fare un premier dichiaratamente tecnico con la gigantesca Caporetto parlamentare portata a casa ieri da Conte a Palazzo Madama.

Così, non è un caso che proprio questa mattina l'ex premier sia atteso alle 10.30 alla sede dell'agenzia di stampa Adnkronos per un convegno sul Pnrr. Non essendo parlamentare, infatti, Conte non può né assistere in aula all'informativa, né tantomeno replicare. Quale migliore occasione, dunque, per controbattere quasi in tempo reale a Draghi? D'altra parte, è scontato che l'ex numero uno della Bce continuerà a rivendicare la posizione fin qui tenuta dal governo, senza alcun passo indietro. Circostanza confermata proprio ieri da Draghi, durante la conferenza stampa congiunta con la premier finlandese Sanna Marin. Un bilaterale che in altri tempi sarebbe stato di routine, ma che dopo la richiesta di adesione alla Nato di Finlandia e Svezia assume un peso specifico completamente diverso. E proprio durante l'incontro con la stampa, l'ex Bce assesta due pesanti affondi ai due leader della sua maggioranza che più stanno criticando la linea tenuta dal governo sull'invasione russa dell'Ucraina. Il primo è proprio per Conte, perché quando gli chiedono se l'Italia continuerà ad inviare armi a Kiev nonostante la contrarietà del M5s e le forti perplessità della Lega, la risposta è eloquente soprattutto nel non detto. «Noi vogliamo aiutare l'Ucraina a difendersi, lo abbiamo fatto in passato e continueremo a farlo quando sarà necessario», risponde. Peraltro, aggiunge, si tratta di una linea di condotta che vede gli Stati europei «tutti insieme». È, insomma, «una decisione dell'Ue» e «noi siamo membri leali dell'Unione». Quasi a lasciare intendere, si potrebbe malignare, che chi teorizza altre strade non ha lo stesso approccio di lealtà alle ragioni dell'Europa.

Inutile dire che il tema centrale del faccia a faccia a Palazzo Chigi tra Draghi e Marin è la Nato. Con il premier che garantisce l'appoggio dell'Italia a Finlandia e Svezia e definisce la domanda di adesione «una chiara risposta all'invasione dell'Ucraina e alla minaccia che rappresenta per la pace in Europa». Pur impegnato alla ripresa dei canali diplomatici con Mosca, l'ex numero uno della Bce non sfuma le responsabilità. «Siamo d'accordo per rendere le procedure per le adesioni più celeri» e, aggiunge, «dobbiamo sostenere i Paesi anche nel periodo di transizione». Con buona pace di un altro leader della sua maggioranza, quel Salvini che solo qualche giorno fa ha ribadito la sua contrarietà all'ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato.

Mentre Draghi e Marin si incontrano, arriva la notizia che la Russia ha espulso decine di diplomatici europei. Gli italiani sono 24, una decisione attesa dopo che lo scorso 6 aprile l'Italia ha sollecitato il rientro a Mosca di 30 diplomatici russi. «È sicuramente un atto ostile, ma - spiega Draghi - è anche in risposta alle nostre decisioni di alcune settimane fa.

Detto questo, quanto accaduto non deve farci chiudere i canali diplomatici che devono invece restare aperti».

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