Politica

Draghi in Europa chiude come aveva iniziato: con uno schiaffo alla Germania

Draghi "punge" Germania e Scholz sul gas e la solidarietà europea. Oggi, come dieci anni fa, contrasta l'austerità

Draghi in Europa chiude come aveva iniziato: con uno schiaffo alla Germania

Quello di commiato di Mario Draghi ai leader europei riuniti al Consiglio conclusosi oggi non è stato un discorso "politicamente corretto", ma uno in cui sono stati ribaditi i risultati che il premier ritiene di aver ottenuto anche da dimissionario sul fronte del contrasto alla crisi energetica. Ieri, nel suo intervento, il presidente del Consiglio uscente è stato chiaro: con la recessione in arrivo le divisioni interne aiutano Vladimir Putin. E, ha sottolineato Draghi nella sua ultima conferenza stampa avvenuta oggi, una "forte risposta europea" alla crisi energetica "è nell'interesse dell'Italia e anche dell'Europa". Parla generico il premier ma non può non riferirsi a Berlino e Olaf Scholz. Con cui oggi c'è stato un bilaterale di saluto. Ma con cui negli ultimi tempi i rapporti sono stati freddi.

La forte risposta europea evocata da Draghi va in diretta contrapposizione alla percepita volontà autonomista della Germania col suo piano da 200 miliardi di euro. Draghi conclude schiaffeggiando la Germania senza nominarla come l'aveva fatto nel 2012, ai tempi di Angela Merkel, col Whatever it takes! che portò la Banca centrale europea da lui guidata da pochi mesi al centro della politica europea. Aprendo la strada al contrasto all'austerità germanica che stava impedendo una risposta corale dell'Europa alla crisi dei debiti.

"Dobbiamo difendere il mercato unico, che è centrale per il benessere e la competitività dell'Unione Europea - continua Draghi - dobbiamo preservare la coesione sociale nei nostri Paesi, sostenere l'economia in questa fase di rallentamento e impedire il rischio di instabilità finanziaria. Una forte risposta europea è nell'interesse dell'Italia ed è anche nell'interesse dell'Europa", ha aggiunto. Tutti questi obiettivi, avevano fatto capire fonti diplomatiche, erano messe a repentaglio dalla mossa autonoma di Berlino. Draghi ha sottolineato che decisioni di questa notte lo hanno reso soddisfatto.

Addio o arrivederci?

Nella notte l'Europa ha trovato limando parola per parola, delle conclusioni che restano abbastanza ambigue da lasciare tutti e 27 soddisfatti a metà ma, per il partito del price cap "fondato" proprio dal premier uscente e del nuovo Sure sull'energia, l'intesa registra dei passi avanti. L'accordo, infatti, mette nero su bianco "l'urgenza delle decisioni concrete" da prendere sul gas con una serie di misure che includono la piattaforma di acquisti comuni e un nuovo benchmark complementare al Ttf. E Draghi incassa con favore "la creazione di un corridoio per i prezzi del gas, il disaccoppiamento tra i prezzi di gas e quelli dell'elettricità, la necessità di avere strumenti comuni per affrontare e mitigare il rincaro dei prezzi dell'energia", nonché "l'effetto che ha su imprese e famiglie". Ma il freno tedesco resta perché manca ogni riferimento a una precisa roadmap temporale con cui applicarla.

Non vuole concederla Scholz né vuole farlo la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che mai da tedesca compirebbe mosse capaci di pregiudicare il suo obiettivo di fondo di concorrere da leader della Cdu al dopo-Scholz sfidando la Spd al voto del 2025 dopo la fine del suo mandato prevista per l'anno precedente. Un'altra frecciata è andata da Draghi verso Berlino parlando dei dati sull'approvvigionamento alternativo alla Russia. "Secondo il centro Bruegel, siamo il Paese che ha diversificato di più" il proprio mix energetico "riducendo di due terzi la dipendenza dalla Russia", ha ricordato Draghi. Non altrettanto ha potuto fare Berlino che ha di fatto dovuto salvare con sussidi pubblici importatori come Uniper.

Draghi chiude in forma asciutta ricordando che quello che gli hanno dato i colleghi è un "arrivederci". Ma non senza essersi, nel suo stile, tolto alcuni sassolini dalle scarpe. Draghi partiva, dieci anni fa, alla Bce come nemico dell'austerità trionfante e vuole oggi contrastare l'austerità europea rientrante. In entrambi i casi, ieri sui surplus commerciali, oggi sugli investimenti interni non approvati a livello europeo, Berlino bluffava sul suo sostegno alla solidarietà europea.

E in entrambi i casi il banchiere romano divenuto premier ha fissato una linea rossa politica che, in futuro, sarà sicuramente punto di partenza per un dialogo intereuropeo: la vera sfida sarà ora superare le resistenze di Berlino ad applicare ciò che è stato messo nero su bianco al Consiglio.

Commenti