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E Draghi spera ancora: l'aut aut di Berlusconi? Solo discorsi politici

Continua a lavorare per l'elezione al Colle: l'ipotesi Gentiloni come sostituto

E Draghi spera ancora: l'aut aut di Berlusconi? Solo discorsi politici

I desideri non si esprimono ad alta voce, perché si ha paura di bruciarli e poi non si avverano. Mario Draghi porta nella tasca un briciolo di scaramanzia, il resto è carattere, prudenza e poi l'esperienza dice che tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te. È così che il Quirinale nei suoi discorsi pubblici è diventato un tabù. Non è però nervosismo. Le parole di Berlusconi sulla fiducia, se va al Colle usciamo dal governo, non lo hanno irritato. È un discorso politico e non personale.

Mancano undici giorni al gran ballo, ma quando l'orizzonte è indefinito meglio tacere. Non fa un passo indietro e neppure avanti. Non desiste e non si propone. Resta nel limbo delle possibilità e se qualcuno pensa che in questo modo non fa chiarezza e non si assume responsabilità, allora, pazienza. È un costo che va pagato. La sua filosofia è racchiusa in una frase: «Non sono stato io a candidarmi a Palazzo Chigi. Mi hanno chiamato». Solo che questo discorso per il Quirinale non vale. L'elezione non arriva spontanea, va costruita, dietro le quinte. Il trasloco da un palazzo all'altro, oltretutto, lascia un posto vuoto che nessuno sa davvero come riempire. Si potrebbe guadagnare un anno, lasciando tutto così. Non è facile tirare la giacca a Mattarella, ma se l'attuale presidente si ritrovasse rieletto con una maggioranza simile a quella che sostiene il governo come potrebbe dire di no? È un rebus non facile però da sciogliere. Lo stesso Draghi non è convinto fino in fondo di questa soluzione. Resta comunque un pasticcio istituzionale. È pratica ma rammendata.

L'incertezza comunque ha un prezzo e in questi mesi è cresciuta. Il governo Draghi non ha finito il suo lavoro e l'impressione è che l'affare Quirinale l'abbia rallentato. La crisi energetica, e l'aumento evidente dell'inflazione, sono una variabile che complica lo scenario economico dei prossimi anni. Il sospetto è che lui sia convinto di trovare un capo di governo affine per compatibilità umana e sensibilità politica. Qualcuno ha evocato il nome di Gentiloni, ma in quel caso sarebbe un'altra maggioranza e salterebbe il clima di unità nazionale (ammesso che ci sia). Non è neppure detto che Gentiloni rinunci al suo ruolo in Europa. La ricerca di un tandem sarà uno dei temi delle prossime settimane. Non sarebbe lo stesso tandem indicato da Forza Italia, con Berlusconi presidente e Draghi premier. È un'ipotesi che il capo del governo accetterebbe? Se dovesse accadere sì, ma non dipende da lui.

È una partita che coinvolge anche Salvini. Draghi e il leader della Lega si sono incrociati ieri dopo la commemorazione di David Sassoli al Senato. Si sono salutati e hanno chiacchierato per qualche minuto. È previsto un incontro tra i due dopo il vertice del centrodestra. Niente di ufficiale. Si parla per il futuro del governo, certo, ma intanto il Quirinale è lì e non si può ignorare.

I consigli regionali nel frattempo stanno scegliendo i propri delegati. Il loro peso politico sull'elezione del presidente della Repubblica è cresciuto. In Lombardia è saltato l'accordo tra Lega e Forza Italia. I due posti della maggioranza vanno al partito di Salvini e i berlusconiani per ritorsione hanno votato l'uomo dei Cinque Stelle, facendo saltare l'intesa con il Pd. Minuzie, viene da dire. È però il segnale che qualcosa nel centrodestra non sta andando come previsto e le conseguenze sul futuro della coalizione potrebbero essere rilevanti. Quasi tutti a quanto pare stanno giocando una partita al buio, compreso Draghi. Il quasi è Berlusconi, il solo per ora che non nasconde i suoi desideri.

È la filosofia opposta a quella di Draghi: se non lo dici è improbabile che le cose accadano.

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