Cronaca giudiziaria

"Era un errore". Libero dopo trent'anni

Zuncheddu condannato all'ergastolo per l'omicidio di tre pastori, ma il testimone ha ritrattato

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Libero. Dopo 32 anni di carcere torna a casa Beniamino Zuncheddu, l'allevatore di 58 anni accusato di triplice omicidio volontario dall'unico sopravvissuto alla strage dell'8 gennaio del 1991 sulle montagne di Sinnai. A rimettere in libertà l'uomo, che si è sempre dichiarato innocente, la Corte d'Appello di Roma che ha avviato la revisione del processo.

Principale accusatore, in primo grado, un pastore, Luigi Pinna, 62 anni, scampato alla mattanza, che ai giudici racconta: «Prima di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l'agente di polizia che conduceva le indagini mi mostra la foto di Zuncheddu e mi dice che il colpevole era lui». Non solo. L'investigatore gli chiede di non raccontare che aveva già visto in foto l'accusato. Peccato che il killer aveva il volto coperto da una calza. Nonostante ciò il poliziotto gli chiede di dire che era stato lui a sparare. Quanto basta ai giudici romani per far crollare l'intero impianto accusatorio e la sentenza di ergastolo. Zuncheddu, in regime di semilibertà nel carcere di Uta, Cagliari, è stato raggiunto dal garante dei detenuti, Irene Testa, che lo ha riportato a Burcei.

La scarcerazione si basa su intercettazioni telefoniche e ambientali e sul «travaso» di informazioni dall'ex poliziotto al superstite del triplice omicidio. Quanto basta per firmare la sospensione dell'esecuzione della pena nei confronti di Zuncheddu. Secondo i magistrati romani è «realtà processualmente accertata il fatto storico dell'avere l'ex poliziotto segretamente mostrato a Pinna la fotografia di Zuncheddu, sia l'aspetto dell'avere indotto Pinna a sostenere che quello era lo sparatore e a tacere che aveva già visto quella foto».

I giudici hanno ritenuto, quindi, «l'inattendibilità delle dichiarazioni di Pinna facendo venir meno la prova che la Corte di Assise di Cagliari ha posto a fondamento per la colpevolezza dell'imputato». Cade, dunque, il mattone che sosteneva l'intero impianto accusatorio. «Sono molto contento di lasciare il carcere dopo quasi 33 lunghissimi anni» dice Zuncheddu al garante dopo l'abbraccio con la sorella. «Non so cosa farò: ora sto pensando alla libertà e a non tornare mai più in cella. Aspetto il giorno della sentenza per arrivare a quella verità che ho sempre dichiarato e chiesto». Durante la deposizione Pinna ha ribadito le sue prime dichiarazioni, poi ritrattate. «In questi anni sono stato minacciato, non ce la facevo più a tacere». L'8 gennaio del '91 all'ovile Cuile is Coccus vengono uccisi a colpi di fucile Gesuino e Giuseppe Fadda, padre e figlio, e il loro dipendente Ignazio Pusceddu. Si salva per un soffio il genero, Luigi Pinna. Una spedizione punitiva che sulle prime sembra legata a una faida fra allevatori, i Fadda contro gli Zuncheddu.

Per il pm tutta un'altra storia collegata, invece, al rapimento dell'imprenditore Gianni Murgia liberato, dietro il pagamento di 600 milioni di lire, tre giorni prima della strage.

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