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"Fagocitati dal Pd". Perché ora Conte può esplodere

Non basta la vittoria di Manfredi Napoli per fermare i malumori interni. Dopo la debaclè elettorale, dentro il M5S inizia la resa dei conti. Lascia pure Monica Forte

"Fagocitati dal Pd". Perché ora Conte può esplodere Esclusiva

"Nel Movimento 5 Stelle è finita la stagione storica in cui si andava orgogliosamente da soli e a tutti i costi". Il leader Giuseppe Conte non indietreggia ma, forte della vittoria di Napoli, rilancia l'alleanza col Pd: “I progetti vincenti sono quelli che creano un campo largo, solido e che coinvolgano forze progressiste".

Eppure, checché ne dica l'Avvocato del Popolo pubblicando trionfante la foto in cui abbraccia il neo sindaco di Napoli, per lui il futuro è tutt'altro che roseo. E i malumori serpeggiano sia tra gli attivisti che nella base. Già ieri i commenti sui social non erano stati clementi per l'ex premier, ma la delusione monta con il passare delle ore.

"Non hanno più alibi"

"I contiani stanno facendo girare due messaggi. Il primo che il grande successo di Napoli è tutto merito di Conte perché, senza di lui, non avremmo avuto Manfredi, mentre il secondo è il tentativo di far capire che, senza l'ex premier, ci sarebbe stata una debaclé peggiore”, confida a ilGiornale.it un esponente di primo piano del Movimento. “In realtà, peggio di così non si poteva fare e, siccome non hanno più alcun tipo di alibi, sono solo queste le c... che possono far trapelare”, aggiunge senza troppi sulla lingua. “Il M5S è andato male ovunque e, ora, Conte sta cercando di salvare il salvabile dicendo che la strada da seguire è Napoli e che l'ex ministro Manfredi è un suo uomo”, ci fanno sapere i grillini critici verso la linea politica decisa da Conte. “Ma andare al rimorchio del Pd è veramente la strada da seguire?” è la domanda di chi si chiede che questa strategia sia davvero vincente, visto e considerato che “Manfredi non è uno dei nostri, è un uomo che, anche se non ha la tessera di partito in tasca, arriva comunque dal mondo del Pd”. Ma non solo. Proprio a Napoli, il M5S ha fallito l'obiettivo di arrivare primo partito in città.

"Basta ricatti: i gruppi esploderanno"

“Sia a Bologna sia a Napoli vinciamo al primo turno, ma non siamo influenti”, ci spiega la nostra fonte che sottolinea come sia Lepore sia Manfredi avrebbero vinto comunque al primo turno, anche senza il M5S. “Abbiamo dato al Pd la possibilità di non avere un competitor e ci hanno fagocitati”, è la sensazione che aleggia tra i pentastellati. “Il M5S, al di là di quello che dice il Fatto, non conta nulla. Solo a Napoli abbiamo tenuto perché abbiamo preso il 9% e i dem il 12, ma parliamo pur sempre di un capoluogo dove avevamo preso il 70%”, si osserva amaramente. “Questo non è un bell'inizio per Conte e non può far finta di niente”, sentenzia la nostra fonte che pone l'accento anche sullo scarso risultato di Milano dove “la candidata è stata scelta proprio dal duo Travaglio-Conte”. Ora bisognerà capire cosa faranno i peones Cinquestelle che, fino a ieri, erano convinti che Conte li avrebbe portati al 40% e che, ora, hanno capito che 'l'avvocato del popolo' non può garantire loro proprio nulla. “I gruppi esploderanno perché Conte non può più ricattare più nessuno dicendo: 'Tranquillo, ti metto in lista io'. Con queste cifre, infatti, hai a disposizione 15 seggi da 'vendere' e, quindi, anche i gruppi lo manderanno a quel paese”, sentenzia la nostra gola profonda.

Il Movimento perde pezzi

Ma il nuovo leader deve fare i conti anche con gli elettori. Il risultato alle urne parla da solo: il Movimento nato dal basso e che dell'iperlocale ha fatto la sua forza, ha perso quella connessione con il territorio che l'ha portato a diventare in pochi anni il primo partito. Ora Conte parla di "tempo della semina", di "radicamento territoriale", ma ha lasciato andare a male i raccolti degli anni scorsi. Glielo ricorda bene Monica Forte, presidente della commissione Antimafia in Lombardia, che oggi ha deciso di lasciare il gruppo. "Questa non è l'evoluzione del Movimento 5 Stelle, questo è il nuovo partito di Conte che, a iniziare dallo Statuto e continuando con la comunicazione e con la gestione delle amministrative, nulla ha a che vedere con il Movimento 5 Stelle", dice l'ormai ex grillina bacchettando il leader proprio sulla gestione dei gruppi territoriali. Già ieri da Napoli era iniziata l'emorragia con Simone Brambilla

L'ira della base per l'alleanza con il Pd

E così da ieri i post delle pagine social pullulano di commenti critici. Soprattutto per quanto riguarda il comportamento tenuto dal Movimento nei confronti della Raggi. "Candidate le donne e poi le lasciate sole quando perdono", è il refrain. Ma anche l'allenza con il Pd lascia l'amaro in bocca. L'accusa è quella di aver permesso agli alleati di tornare ai fasti di un tempo, regalandogli di fatto voti. Per di più senza ottenere nulla in cambio: "In un' alleanza si sta alla pari", sintetizza un'elettrice, "Che rapporto paritario c'è con il Pd, che prende i nostri voti a sostegno dei suoi candidati, ma quando il candidato lo scegliamo noi, il Pd ne schiera uno contro?!". Certo, i commenti di sostegno non mancano.

Ma difficile dire che Conte possa riunire un movimento ormai dilaniato dalle sue anime, quella governista e quella "dura e pura", che strizza l'occhio ai no vax e no pass.

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