Qatargate

La figlia di Panzeri resta ancora ai domiciliari

Resta ai domiciliari Silvia Panzeri, figlia di Antonio, l'ex eurodeputato che da un mese è in carcere a Bruxelles con l'accusa di associazione per delinquere

La figlia di Panzeri resta ancora ai domiciliari

Resta ai domiciliari Silvia Panzeri, figlia di Antonio, l'ex eurodeputato che da un mese è in carcere a Bruxelles con l'accusa di associazione per delinquere, corruzione e riciclaggio, considerato l'uomo chiave dell'inchiesta sul Qatargate della Procura belga. Ieri la Corte d'appello di Brescia ha respinto la richiesta dei legali della donna, che ne avevano chiesto la rimessa in libertà e di trasformare la misura cautelare degli arresti nel più leggero obbligo di firma. Richiesta che era stata motivata con la necessità della figlia di Panzeri di esercitare la sua professione da avvocato che comporta doveri nei confronti dei suoi assistiti. Per i magistrati di Brescia invece gli arresti domiciliari reggono, in attesa dell'imminente udienza - il 16 gennaio - sulla sua consegna alla giustizia del Belgio. Gli avvocati avevano chiesto di verificare lo stato dei penitenziari del Belgio prima di concedere il via libera. Anche la madre, nonché moglie di Antonio Panzeri, Maria Dolores Colleoni, si trova ai domiciliari a Bergamo. Per lei la stessa Corte aveva accolto la richiesta di estradizione in Belgio, ma il trasferimento non è ancora avvenuto perché si attende l'esito del ricorso in Cassazione.

Nel mezzo ci sono anche i conti correnti della famiglia finiti sotto la lente dei magistrati italiani su richiesta dei colleghi di Bruxelles.

Domani il tribunale del riesame di Bergamo si pronuncia sul ricorso contro il sequestro di due conti dei Panzeri disposto dal gip in seguito all'ordine di investigazione europeo da parte del Belgio. Congelati 240 mila euro: 200 mila su quello della figlia e 40 mila su quello dei coniugi.

Secondo i difensori di Silvia Panzeri i 200mila euro sarebbero «compensi, frutto della sua attività professionale». Madre e figlia sono coinvolte nell'inchiesta del giudice belga Michel Claise perché ritenute, si legge nel mandato di arresto europeo, «pienamente consapevoli delle attività» del «marito/padre» e sembrano «persino partecipare nel trasporto dei regali dati al Marocco». Secondo la Procura sarebbero state beneficiarie del denaro e dei doni frutto della presunta corruzione. Loro, tramite i legali, si sono sempre dichiarate estranee a ogni accusa: «Sono incredule, sono due persone che non hanno mai avuto nessun problema con la giustizia.

Sono estranee a tutto».

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