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Fmi spara a zero pure contro Londra. E chiede di alzare le imposte ai ricchi

Il Fondo monetario a gamba tesa contro la manovra a debito della Gran Bretagna. Ma la decisione suona come un avvertimento anche verso l'Italia. Gentiloni: "La recessione non è più da escludere"

Fmi spara a zero pure contro Londra. E chiede di alzare le imposte ai ricchi

Adesso tocca a Londra, nel mezzo di una tempesta finanziaria perfetta dopo gli stimoli fiscali varati dalla premier Liz Truss. Domani, chissà, potrebbe essere il turno dell'Italia in caso di manovre giudicate troppo espansive e senza le sufficienti coperture. Del resto, non avendo mai perso il vizietto di mettere bocca sulle manovre fiscali dei Paesi sovrani, il Fondo monetario internazionale è sempre in cattedra, pronto a distribuire bacchettate pur non avendone azzeccata mezza negli ultimi anni. Giusto per un rapido ripasso: previsioni macro sgangherate; diagnosi e cura sul crac argentino degne di uno stregone; sottovalutazione del virus dei mutui subprime; accanimento con lo spadone dell'austerity sulla Grecia. Qualche anno fa, preoccupati per la nostra spesa pensionistica giudicata fuori controllo, «consigliarono» all'Italia di rottamare la quattordicesima e di dare una bella limatina alla tredicesima. Giusto una roba buona per vedere scendere in piazza i vecchietti armati di forconi.

Neo-liberista con le tasche degli altri, un po' meno quando finanziava i bancarottieri di Buenos Aires amici di Trump, l'organismo di Washington ha ieri bocciato sul tutta la linea il cosiddetto «mini-budget» (valore, 45 miliardi di sterline) varato lo scorso venerdì da Downing Street. Un verdetto di condanna implicito anche per la premier britannica che vorrebbe emulare la Thatcher. «Non raccomandiamo pacchetti fiscali ampi e non mirati in questo frangente, poiché è importante che la politica fiscale non funzioni a scopi incrociati con la politica monetaria». Ergo, vanno «rivalutate (cioè corrette, ndr) le misure fiscali, in particolare quelle che avvantaggiano i percettori di reddito elevato», dal momento che c'è il rischio di «aumentare le disuguaglianze». Un tema da sempre caro, lì all'Fmi. Chiedere ad Atene per conferme.

Parole che equivalgono a versare sale su una piaga aperta, poiché da giorni Londra sta subendo le conseguenze di quella che i mercati reputano una perdita di credibilità. Non siano ancora ai livelli del '92, quando la sterlina fu scacciata dal tempio dello Sme in compagnia della lira, ma la crisi valutaria che sta attraversando l'Inghilterra è la peggiore degli ultimi 30 anni. Adesso, Londra sta provando a correre ai ripari. La Banca d'Inghilterra ha ieri rotto gli indugi: stop alla prevista vendita di Gilt per 838 miliardi e via a un piano di emergenza, finanziato dal Tesoro, basato sull'acquisto di bond a lungo termine della Corona per un importo pari a 65 miliardi. Il bazooka monetario sotto le insegna della Union Jack non sembra però aver convinto il mercato: il pound è crollato di un altro 1,5% rispetto al dollaro.

Lo stato del ciclo economico, intossicato dall'inflazione e sempre più inclinato verso la recessione («Non è più esclusa, l'economia è ferma», ha ammesso il commissario Ue per l'Economia, Paolo Gentiloni) esaspera l'ipersensibilità degli investitori. C'è da tenerne conto. Anche perché, come sottolineato dall'ex segretario al Tesoro Usa, Larry Summers, «il tipo di avvertimento che la Gran Bretagna ha ricevuto dall' Fmi è di solito riservato ai mercati emergenti con nuovi governi, piuttosto che a un Paese come la Gran Bretagna».

L'Italia, già alle prese con i sussulti dello spread Btp-Bund (calato però ieri a 243 punti), è avvisata: il futuro governo, che punta ad alleggerire il peso delle tasse, potrebbe essere già nel mirino del Fondo monetario.

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