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Fontana e la mail sulla zona rossa. Il trappolone Covid ordito dalla sinistra ha già fatto flop

Lo sfidante Majorino (Pd) accusa: chiese misure blande per la Lombardia. Ma a decidere era Conte e tra i consumeri c'era il dem Crisanti.

Fontana e la mail sulla zona rossa. Il trappolone Covid ordito dalla sinistra ha già fatto flop

Milano. Una «mail segreta» spedita alle 19.59 del 28 febbraio 2020 dal governatore Attilio Fontana alla Protezione civile e alla presidenza del Consiglio «per evitare la zona rossa in Lombardia». La notizia pubblicata on line dal quotidiano «Domani» ieri mattina viene fatta rimbalzare - in primis - dallo sfidante del centrosinistra Pierfrancesco Majorino, l'eurodeputato Pd che apre oggi a Milano la campagna per le Regionali (lasciando ancora aperto un portone ai 5 Stelle).

La mail è stata acquisita dalla Procura di Bergamo che sta indagando sulla strage Covid nella bergamasca e viene citata nella consulenza tecnica commissionata a tre esperti, tra cui il microbiologo Andrea Crisanti. La parte incriminata sarebbe quella in cui si legge che «Regione Lombardia ha richiesto il sostanziale mantenimento per la settimana dal 2 all'8 marzo delle misure di contenimento della diffusione del Coronavirus già adottate con il decreto del 23 febbraio 2020 per i Comuni del basso lodigiano e con l'ordinanza per il resto del territorio». Secondo la ricostruzione, lo studio allegato alla mail («Piano di Regione per il contenimento della diffusione del virus») dimostrerebbe che il presidente «sapeva» che la situazione era fuori controllo, viene citato il passaggio in cui afferma che «dalle prime evidenze ogni paziente con Covid trasmette il virus ad altre due persone RO=2» ma che le misure già adottate «alla luce dei dati di oggi sono valide».

La situazione per Majorino e soci è palese: «Fontana chiedeva di mantenere misure blande nonostante la situazione fosse già oltre la soglia critica, non ci sono dubbi. Ha colpevolmente giocato con la vita dei lombardi». Ma il governatore leghista blocca la macchina del fango. Intanto prende «atto delle dimenticanze contenute nel servizio, dove «non si scrive quel dettaglio, e cioè che la diffusione del virus era sotto controllo clinicamente e gli ospedali non erano ancora sotto pressione. Se ci si dimentica di una piccola parola fondamentale poi si può dare un'interpretazione...». E tocca ancora a lui svelare il trappolone, il tentativo di sbianchettare le responsabilità di Giuseppe Conte, allora premier del governo Pd-M5S, a cui spettava firmare l'istituzione della zona rossa. «Suona un po' strano - sottolinea - che il consulente della Procura a cui si fa riferimento sia stato guarda caso gratificato con un seggio al Senato dallo stesso partito di Majorino, ma saranno casualità che non è mio compito commentare». Parla di Andrea Crisanti, eletto nella lista Pd.

Già nei primi giorni della pandemia la Lombardia aveva chiesto a Conte di poter istituire autonomamente zone rosse e gialle. La risposta in videoconferenza, si apprende da fonti regionali, fu che «si potevano prendere misure solo parziali e provvisorie, senza blocco delle attività produttive» fino al successivo Dpcm. Una prima lettera, rimasta «senza risposta» e contenente la richiesta di maggiore autonomia decisionale era partita il 23 febbraio. Fontana aveva poi scritto la mail del 28 febbraio a Conte, al ministro della Salute Roberto Speranza e a ministri Patuanelli e Lamorgese, chiedendo quantomeno «il mantenimento, delle misure già adottate per il basso lodigiano» dato che non si registravano remissioni «anche considerando solo i casi sintomatici».

Ancora il 2 marzo 2020 Conte sosteneva che la zona rossa «va usata con parsimonia» perché «ha un costo sociale, politico ed economico molto elevato». Il sindaco Beppe Sala ieri non ha commentato le bordate del suo candidato: «Non ho letto l'articolo».

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