Politica internazionale

Francia irritata per l'esclusione dal vertice di Roma. Ma è una reazione ai giochi di Macron

Voci e indiscrezioni trapelate dall'Eliseo riferiscono di un Emmanuel Macron e di una diplomazia francese "indispettiti" per il mancato invito della Francia alla Conferenza sulle Migrazioni di domenica a Roma

Francia irritata per l'esclusione dal vertice di Roma. Ma è una reazione ai giochi di Macron

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Adesso a masticare amaro sono i cugini d'oltralpe. Voci e indiscrezioni trapelate dall'Eliseo riferiscono di un Emmanuel Macron e di una diplomazia francese «indispettiti» per il mancato invito della Francia alla Conferenza sulle Migrazioni di domenica a Roma.

L'esclusione, motivata con l'esigenza di limitare il confronto ai paesi di partenza dei flussi migratori e a quelli europei di primo arrivo (Grecia, Spagna, Italia, Malta e Cipro), ha toccato i nervi scoperti di una «grandeur» macroniana sempre più irritata per l'attivismo internazionale di Giorgia Meloni. Anche perché tutti i tentativi di frenarlo si son rivelati fallimentari. E questo nonostante la compiacenza di un Pd e di una sinistra italiana pronti a parteggiare per l'Eliseo pur di affossare il governo di centro-destra. Un atteggiamento che raggiunse l'apice a febbraio quando il Pd, invece di difendere una Meloni esclusa dalla cena all'Eliseo con Macron il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, preferì attaccarla accusandola d'inadeguatezza. Ma nonostante il collaborazionismo compiacente della sinistra la scortesia si dimostrò più inutile che sgradevole. Anche perché alla fine la Presidente del Consiglio ha costruito un rapporto con Zelensky non meno solido solido di quello vantato da Macron. Ma il mancato invito dell'Eliseo è stato solo la punta dell'iceberg.

Alla Farnesina nessuno scorda la manina francese che a dicembre brigò per escludere l'Italia dalla conferenza di Amman sull'Iraq nonostante il nostro paese guidasse all'epoca la missione Nato attiva a Bagdad e dintorni. E ancor più irriverente è stato, lo scorso maggio, il mancato invito alla conferenza di Doha sull'Afghanistan. Una conferenza dove Parigi ha preteso un posto al sole nonostante si fosse ritirata dall'Afghanistan fin dal novembre 2012. Insomma se il rapporto Roma Parigi si giudicasse dalle reciproche irriverenze il nostro Paese vanterebbe ampi crediti. Ma quel che più brucia a Parigi non è la quantità, bensì la qualità. Nonostante le stilettate dell'Eliseo e la compiacenza della nostra sinistra il governo Meloni sta ribaltando il rapporto con Parigi su tutti i fronti. A partire da quella Tunisia dove Giorgia Meloni è, oggi, l'interlocutore di riferimento del presidente Kais Saied per gli aiuti internazionali mentre la Francia di Macron non è più una potenza di riferimento, ma una matrigna invisa e detestata. E lo stesso dicasi per quel Sahel dove i soldati francesi sono stati sfrattati prima dal Mali e poi dal Burkina Faso. Per non parlare della disfatta libica. Lì la Francia di Macron, presentatasi nel 2017 come grande sostenitrice del generale Haftar in contrapposizione con l'Italia, ha incassato una sconfitta dopo l'altra ritrovandosi estromessa dal paese in cui, nel 2011, aveva organizzato la destituzione di Gheddafi. Tornando al palcoscenico della «Conferenza sulle migrazioni» quel che ha più agitato i francesi è stata la presenza a Roma dei rappresentanti di Bahrein, Qatar, Emirati Arabi e Arabia Saudita. Quei cinque paesi ben difficilmente possono essere considerati paesi d'origine delle migrazioni anche se esercitano una potente influenza sulle zone da cui si diramano i flussi. Ed infatti l'irritazione di Parigi ha, in questo caso, poco a che vedere con la complessità del problema migratorio. Prosaicamente quel che più rode è, invece, il tentativo dell'Italia di ampliare i rapporti economici politici e commerciali in un area del Golfo dove la Francia si è sempre pretesa egemone rispetto agli altri paesi europei. Non ha caso ha sostenuto, e sostiene, la candidatura di Riad e dell'Arabia Saudita per l'expo 2030 a tutto svantaggio della candidatura di Roma avanzata dal nostro governo. Ma come non capirlo.

Dopo gli scorni di Libia, Tunisia e Sahel (dove Macron cercò, nel 2018, d'impedire una nostra presenza militare) Parigi vede come fumo negli occhi l'affacciarsi dell'Italia nel triangolo politico e commerciale costruito negli ultimi anni con Riad ed Emirati. Anche perchè teme una nuova dolorosa batosta.

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