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Fusione o fissione, reattori piccoli oppure ibridi. Ecco tutte le ipotesi sul tavolo dell'esecutivo

Dal progetto Euratom a Ignitor fino agli Smr, che saranno pronti nel 2026

Fusione o fissione, reattori piccoli oppure ibridi. Ecco tutte le ipotesi sul tavolo dell'esecutivo

Nucleare forse sì, ma quale? Le aperture sul Messaggero del ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin («Dobbiamo partecipare alla ricerca per il nucleare di quarta generazione senza alcuna preclusione ideologica») spaccano come un atomo sia il mondo scientifico italiano sia l'opinione pubblica. Secondo un sondaggio Swg del 2021 il 56 per cento degli italiani sarebbe favorevole al nucleare. Una percentuale che potrebbe aumentare, soprattutto quando il costo per riscaldare le nostre case e alimentare piccole e medie imprese dovesse toccare costi atomici e visto che già oggi il 15% dell'energia arriva dal nucleare francese, con Parigi pronta a costruire altri sei reattori.

Poco prima di lasciare, l'ex premier Mario Draghi aveva individuato nella «fusione a confinamento magnetico» la strada da percorrere. «C'è una strategia europea sviluppata dal Consorzio Eurofusion, che gestisce fondi Euratom pari a oltre 500 milioni di euro e che prevede l'entrata in funzione del primo prototipo di reattore a fusione nel 2025-28», aveva detto l'ex governatore Bce in Parlamento. Come funziona? Un gas rarefatto e caldissimo (fino a 150 milioni di gradi centigradi) di ioni ed elettroni viene rinchiuso grazie un campo magnetico dentro un recipiente a ciambella chiamato tokamak, evitando però che venga a contatto con le sue pareti e si deteriori. I ricercatori dello Swiss Plasma Center dell'Epfl hanno trovato un algoritmo assieme a Google per controllare i campi magnetici, massimizzandole le prestazioni. Poi ci sono gli Smr (Small modular reactor), piccoli reattori a fissione nucleare. «Nel mondo sono ce ne sono diversi in fase di sviluppo e industrializzazione in Francia, Cina e Russia ma anche Argentina e Sud Africa», spiega a il Giornale l'ex senatore della Lega Paolo Arrigoni, a regime saranno capaci di fornire «energia sicura e a emissioni zero», dice Riccardo DeSalvo, senior advisor della Ultra Safe Nuclear Corporation, che promette di realizzarne dal 2026 due negli Usa e altri in Europa da 50MW termici, abbattendo al minimo i rischi grazie a temperature troppo basse (tra 700 e mille gradi) per insidiare il nocciolo raffreddato a elio, materiali indistruttibili e un meltdown «fisicamente impossibile». Il tutto per un costo dell'energia competitivo, «30 euro a megawattora».

Poi c'è il programma Iter, al quale la Ue lavorava insieme a Russia, Cina, Stati Uniti, India, Giappone e Corea, che prova a liberare energia dalla fusione dell'idrogeno. Una specie di terza via, i cosiddetti «reattori ibridi», macchine che combinano fusione e fissione, come spiega Renato Spigler, docente di Matematica analitica di UniRomaTre. L'Italia sarebbe teoricamente in pole position, dato che «la suddetta tecnologia fa seguito a quella già sviluppata per costruire le macchine sperimentali Alcator A (in funzione negli anni 1973-1979), Alcator C (anni 1978-1987), e Alcator C-Mod (anni 1991-2016) realizzati in collaborazione con il Plasma Science and Fusion Center del Mit di Boston, nonché del Frascati Tokamak e del Frascati Tokamak Upgrade, entrati in funzione rispettivamente nel 1977 e nel 1989 presso l'Enea» nel progetto Ignitor, di recente al centro di un piccolo giallo. Il Cnr a sorpresa ha interrotto la collaborazione che andava avanti dal 2017 con il suo ideatore, il professor Bruno Coppi del Mit di Boston, senza avvisarlo per tempo. La fattibilità scientifica di un reattore a fusione capace di produrre energia sarebbe tecnicamente dimostrabile se si mettesse a disposizione l'impianto di Caorso, che anziché essere dismesso diventerà un museo (sic), almeno così prevede il Pnrr che ha destinato all'idea 800 milioni di euro.

Se questo governo non ha davvero preclusioni ideologiche lo vedremo presto.

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