Coronavirus

"Il green pass è una garanzia per tutti. Giusti i divieti a chi non si immunizza"

L'ex ministro della Salute che ha vietato il fumo nei locali pubblici: "La protesta No Vax deriva dalla errata comunicazione dei rischi"

"Il green pass è una garanzia per tutti. Giusti i divieti a chi non si immunizza"

Il professor Girolamo Sirchia (nella foto), 87 anni, ex ministro della Salute del secondo governo Berlusconi dall'11 giugno 2001 al 23 aprile 2005, ha legato il suo nome a una delle riforme più importanti nella storia della salute pubblica italiana: la Legge 16 gennaio 2003 che istituì il divieto di fumo in tutti i locali pubblici; norma successivamente presa a modello in vari Paesi europei. Sempre nel 2003 Sirchia si trovò ad affrontare l'emergenza Sars.

Da allora i tagli alla spesa sanitaria hanno portato a un indebolimento graduale del sistema: un vulnus che ha ostacolato pesantemente la lotta al Covid.

Professor Sirchia, i vaccini hanno determinato una svolta?

«Un risultato straordinario che ha consentito di salvare un grande numero di vite umane».

Oggi i No-Vax rappresentano un problema?

«La loro protesta deriva dalla errata comunicazione dei rischi. La quale, a sua volta, è figlia dell'impreparazione delle istituzioni preposte a gestire le epidemie».

Come giudica il «green pass»?

«È uno strumento utile».

Perché?

«Può evitare l'obbligatorietà della vaccinazione, che oggi potrebbe provocare dannose reazioni».

C'è chi lo definisce «strumento di dittatura sanitaria».

«È uno strumento di nudging (spinta gentile), basato sul fondamentale principio che la libertà deve valere per tutti i cittadini».

In che senso?

«Devi essere libero di non vaccinarti, ma io devo essere libero di impedirti di danneggiarmi e quindi di prendere misure cautelari nei tuoi confronti».

I vaccini possono essere pericolosi per la nostra salute?

«Come tutti i farmaci anche i vaccini producono eventi avversi e ancora non conosciamo appieno né quelli a breve termine né quelli a lungo termine».

Non proprio rassicurante...

«In rari casi sono state registrate complicanze trombotiche anche gravi e sappiamo che si può produrre una forma di long Covid che dura nel tempo».

Ha esperienze dirette?

«Ho visto personalmente due casi di queste complicanze di lungo termine. Si tratta tuttavia di eventi poco frequenti o rari».

Apprensioni ingiustificate, quindi?

«Il timore è certo giustificato, ma si tratta di un rischio intrinseco ad ogni pratica di riduzione del rischio».

Come giudica la sovraesposizione mediatica di alcuni suoi colleghi?

«Non mi meraviglia che le telecamere abbiano sollecitato il protagonismo di diverse persone. Alcuni dicono: Una una telecamera solletica la nostra vanità anche se spenta».

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha lavorato bene?

«Penso che, come molti altri non medici, si sia trovato nella bufera senza saper che fare».

Una classe politica inadeguata alla complessità della situazione?

«Il contrasto dell'epidemia esige un'organizzazione con esperti che lavorano ininterrottamente anche e soprattutto quando l'epidemia non c'è».

Invece è accaduto l'opposto.

«Le istituzioni non erano preparate».

Quali sono state le maggiori lacune?

«Non avevamo sufficienti materiali strategici di difesa; una medicina del territorio adeguata; medici in numero sufficiente».

Un disastro.

«Che ha dimostrato le manchevolezze del sistema».

Tutto è passato sotto silenzio.

«Mi sarei aspettato delle scuse».

I responsabili sono rimasti al proprio posto.

«Dopo Caporetto il generale Cadorna fu sostituito. Nel nostro caso qualche sostituzione c'è stata.

Ma troppe cose continuano come prima».

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