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Grillo in declino non sfonda più in rete. E i 5s ormai ignorano i suoi post

Monta l'insofferenza per la consulenza da 300mila euro. Si spegne il "megafono" del comico che ora punta solo al teatro

Grillo in declino non sfonda più in rete. E i 5s ormai ignorano i suoi post

Il flop mediatico di Beppe Grillo è certificato nei numeri: l'ultimo post con un contenuto politico non sfonda la soglia dei 300 like tre ore dopo la pubblicazione. Un declino inesorabile. E anche i big del Movimento stanno alla larga dai messaggi del Garante. Il timore è di essere risucchiati nel vortice negativo. Basta fare un giro nelle bacheche di Conte, Silvestri, Castellone: nessuno dei vertici del Movimento osa ripubblicare i post del comico. Ne è passata acqua sotto i ponti dai tempi in cui la voce di Grillo era il bazooka del Movimento. Migliaia di interazioni, rilanci, condivisioni: un cannone per diffondere ai quattro venti le battaglie dei Cinque stelle. Una comunicazione potentissima, che partiva dal «megafono» grillino e arrivava fino al palcoscenico di Sanremo o in prima serata sulla rete ammiraglia del servizio pubblico. Ora Grillo non se lo fila più nessuno. Le sue invettive non tirano più. I suoi preferiscono gattini e panini alle filippiche del garante. Eppure, l'ultimo post tocca il cuore delle battaglie grilline: il reddito di cittadinanza. Alle 10 in punto sgancia l'attacco contro il governo Meloni: «Il governo ha impostato il nuovo corso politico all'insegna del favore a chi ha di più togliendo anche il poco a chi ha di meno, perché con quel poco intende tenere in ordine il bilancio dello Stato. Sono sempre i poveri a salvare la Patria» attacca il fondatore, rilanciando un intervento di Torquato Cardilli. Tripudio? Zero. Una tragedia. Alle 13 il bilancio social è drammatico: 225 like, 41 commenti e 78 condivisioni. Matteo Renzi al cospetto di Grillo appare quasi un guru della comunicazione: il leader di Italia Viva il 28 gennaio pubblicava un post sul Jobs act contro Bonaccini e raccoglieva 6mila like e 702 condivisioni. Addirittura Renzi, che non brilla per simpatia, surclassa il comico genovese. Che umiliazione per Grillo, padre di un movimento politico che ha costruito le proprie fortune sulla comunicazione social. Ma c'è un'altra mortificazione: nessuno dei big pentastellati rilancia le parole del garante. Conte parla in tv di reddito di cittadinanza, senza mai citare Grillo: «È un governo dissociato, cancella l'Italia per inchinarsi all'Europa. Meloni aveva promesso corsi di formazione, e invece siamo a febbraio e non sta accadendo nulla. Avremo una platea sterminata che resterà senza lavoro, perché non c'è una sola misura sull'occupazione. Stiamo andando consapevolmente contro il disastro sociale. Ci sono tutte le premesse. Nella guerra ai poveri, il governo sta dimostrando di essere assolutamente dissociato» - morde il leader grillino su La 7. Ma è lo stesso Grillo che sembra aver smarrito il guizzo. Messaggi datati, monotoni e senza enfasi. Si comporta un po' come il juxebox del Movimento: pagato per sparare (a richiesta) contro gli avversari. Il comico deve guadagnarsi i 300mila euro che incassa dal Movimento per l'attività di comunicazione. Una consulenza che sta facendo storcere il naso a molti parlamentari. Crimi, Taverna, Bonafede vorrebbero spartirsi loro quei 300mila euro. L'insofferenza monta. Tant'è che lo stesso Grillo sta preparando i bagagli per dedicarsi anima e corpo al primo amore: il teatro. Dopo un lungo periodo di silenzio, Grillo ritorna con «Io sono il peggiore», lo spettacolo delle rivelazioni, dove tutti sono coinvolti e nessuno è escluso. L'esordio il 15 febbraio ad Orvieto.

Nei tempi d'oro in prima fila c'erano Fico, Di Maio e Di Battista. Stavolta ci saranno Conte e consorte?

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