Sfruttare un evento pubblico con grande partecipazione di pubblico per seminare il panico. Al di là del blitz che ha portato ancora una volte morte nel cuore dell'Europa, la missione del terrorista in azione a Bruxelles può considerarsi drammaticamente compiuta. I circa 35mila spettatori presenti allo stadio Re Baldovino per assistere alla partita di qualificazione ai prossimi europei Belgio-Svezia, sono rimasti in ostaggio. Seduti al loro posto, per motivi di sicurezza. Con un silenzio sinistro che ha invaso l'impianto.
Una scena già vista la notte del La sera del 13 novembre del 2015 a Parigi, quando un commando seminò morte e paura colpendo il Bataclan e varie zone della capitale francese tra cui quella dello stadio di saint Denis, dove si giocava la partita da Francia e Germania. Il rumore del pallone, il frastuono del tifo, corrotto dal rimbombare delle esplosioni. Ieri sera a Bruxelles si è giocato soltanto il primo tempo della partita. Non appena si è appreso che almeno due cittadini svedesi, in Belgio proprio per la partita, sono stati vittima dell'assalto terroristico, sono stati gli stessi giocatori scandinavi a decidere che no, non si poteva più andare avanti. Partita sul campo interrotta, è iniziata una nuova sfida. Quella al terrore. Mentre la polizia bloccava la strade e con centinaia di uomini presidiava lo stadio, diventato obiettivo sensibile e ad alto rischio, all'interno dell'impianto calava il gelo. Silenzio, paura, psicosi collettiva. Ogni piccolo rumore veniva identificato come quello di uno sparo, magari di una bomba, trasformando una serata di svago in un incubo. I tifosi delle due nazionali sono stati invitati a non uscire dall'impianto, dove potevano considerarsi al sicuro, tramite un annuncio dagli altoparlanti con l'assicurazione di essere lasciati uscire entro la mezzanotte.
Tutti bloccati, con i tifosi belgi che per solidarietà con gli svedesi hanno acceso le torce dei telefonini illuminando il proprio settore per dimostrare vicinanza alle vittime dell'attentato con il silenzio rotto soltanto dal fragore degli applausi. Mentre la Uefa ha ufficialmente comunicato che la partita è stata definitivamente annullata per motivi di sicurezza, la mente corre inevitabilmente a quel 29 maggio del 1985. Sempre Bruxelles, sempre lo stesso stadio, allora chiamato Heysel. Poco prima dell'inizio della finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool, le reti di recinzione non reggono alla furia degli hooligans inglesi e crollano. Il tragico bilancio è di 39 persone uccise, tra cui 32 italiane, e oltre 600 ferite.
Non c'erano i cellulari, le notizie arrivavano frammentarie e in quel caso la partita si disputò regolarmente con la vittoria della Juventus. Ma i giocatori, ignari delle dimensione della tragedia, hanno detto negli anni che mai avrebbero voluto giocare. Altri tempi, altra storia ma stesso terrore.
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