Cronaca internazionale

I 60 anni del sogno (incompiuto) di Luther King. Le ferite degli Usa e gli spettri sul voto del 2024

L'America resta spaccata. Ma il solco, oltre che razziale, è culturale e sociale

I 60 anni del sogno (incompiuto) di Luther King. Le ferite degli Usa e gli spettri sul voto del 2024

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I 60 anni del sogno (incompiuto) di Luther King. Le ferite degli Usa e gli spettri sul voto del 2024

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Il «sogno» di Martin Luther King si è ancora una volta infranto contro il muro delle tante contraddizioni dell'America. Nelle stesse ore nelle quali sul Mall di Washington, all'ombra del Lincoln Memorial, gli eredi del movimento per i diritti civili commemoravano il 60º anniversario del celebre discorso di MLK, I have a dream, il 21enne bianco Ryan Christopher Palmeter con una pistola Glock e un fucile d'assalto AR-15 uccideva tre afroamericani, prima di togliersi la vita. «Voleva uccidere i n...i», ha riferito lo sceriffo di Jackonville. Eppure, sarebbe sbagliato ridurre il solco che divide gli Stati Uniti ad una mera questione razziale, per quanto devastanti possano essere ancora oggi, a quasi 160 anni dalla fine della Guerra Civile e a 60 anni dalla fine della segregazione, gli effetti dell'odio etnico. Certo, dopo la stagione di Obama, con l'avanzamento a tratti forzato, rispetto al sentire comune di certe aree del Paese, dell'agenda dell'uguaglianza (razziale e sociale), estesa al mondo Lgbtq+, l'America bianca e conservatrice ha reagito in maniera scomposta, spesso violenta.

Le avanguardie del razzismo si sono espresse non solo nelle stragi di massa (Buffalo), frutto di un micidiale mix di ignoranza e disagio mentale, ma anche nella rinnovata violenza della polizia. Su tutti, l'episodio dell'uccisione dell'afroamericano George Floyd a Minneapolis, che scatenò le proteste, a loro volta violente, del movimento Black Lives Matter. Biden ama ricordare di avere deciso di candidarsi alla Casa Bianca quando Trump, riguardo ai violenti scontri di Charlottesvile, in Virginia dell'agosto del 2017, tra suprematisti bianchi e contromanifestanti, perlopiù afroamericani, disse: «C'erano brave persone da entrambe le parti». Ma bollare l'America trumpiana come espressione di un elettorato con l'orologio fermo a 60 anni fa sarebbe un errore. Un esempio su tutti. In Georgia, tra i 18 co-imputati dell'ex presidente, per il tentativo di sovvertire il voto 2020 nello Stato, figura anche l'afroamericano Harrison William Prescott Floyd. Un ex Marine, leader del gruppo Black Voices for Trump. Il discrimine tra l'America Repubblicana e quella Dem, quindi, al netto di quella porzione black del Paese ancora affascinata dal messaggio populista del tycoon, non è necessariamente razziale - tra gli aspiranti candidati Gop c'è anche il senatore della South Carolina Tim Scott. Per quanto la folla che il 6 gennaio 2021 assaltò il Congresso fosse composta in gran parte da bianchi, lo scontro tra «popolo» ed «establishment» sembra andare ben oltre il colore della pelle.

È culturale, innanzitutto, con il rifiuto, negli Stati repubblicani, dell'agenda ultra-progressista imposta da Washington a comunità che non sempre hanno gli strumenti per comprenderla. Ed è sociale. Quello che i dati macroeconomici della Bidenomics non rivelano, sbandierando il dato della disoccupazione al minimo storico del 3,6%, è che la (quasi) piena occupazione è fatta, in percentuali importanti, da americani costretti a fare 2-3 lavori contemporaneamente per mantenere uno standard di vita appena al di sopra della soglia di povertà. Lo scollamento del mondo Dem dalla realtà di una porzione importante del Paese è fotografato in due istantanee. La prima, i discorsi pronunciati sabato per le celebrazioni del discorso di Martin Luther King. Si è parlato di diritti sotto attacco: delle minoranze etniche e della comunità Lgbtq. Nessun accenno al tema della lotta alla povertà, che pure era tra le priorità di MLK. La seconda, l'improvviso ed enorme successo di Oliver Anthony, cantante folk della Virginia, sconosciuto fino a un paio di settimane fa, che con la sua «Rich men north of Richmond» figura al primo posto dei singoli e dei video più ascoltati e visualizzati sul web. Il racconto di un'America povera, che lavora per «paghe di merda» ed esausta torna a casa a ingozzarsi di junk food e birra fino al giorno successivo, senza speranza. I Repubblicani hanno provato a cavalcarne il messaggio, in chiave anti-Biden. Il suo video è stato trasmesso all'inizio del dibattito tra i candidati Gop su Fox News. Anthony ha subito preso le distanze: «Pensavo proprio alle persone su quel palco, quando l'ho scritta. Questa cosa va ben oltre Biden, ha a che fare con lo stato di questo Paese, al di là di destra e sinistra».

Su YouTube, tra i tanti, c'è un video, con milioni di visualizzazioni, in cui un gruppo di ascolto di afroamericani, lontanissimi dalle sonorità country, plaude alla sua canzone.

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