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"Italia senza piano pandemico". Ricercatore Oms inguaia Conte

Davanti ai pm di Bergamo che indagano per epidemia colposa il curatore del report rinuncia all'immunità

"Italia senza piano pandemico". Ricercatore Oms inguaia Conte

«Rinuncio all'immunità diplomatica». È iniziato così, l'altro giorno, l'interrogatorio davanti ai pm di Bergamo di Francesco Zambon, il ricercatore veneziano autore del rapporto Oms - finanziato dal Kuwait - che lo scorso aveva bocciato senza appello la gestione italiana della prima ondata pandemica. Tanto che l'11 maggio il rapporto, che metteva in cattiva luce l'esecutivo e rischiava di minarne i rapporti con l'organizzazione internazionale, era sparito. Il perché è rivelato da alcune mail - già sul tavolo dei pm - che Zambon avrebbe ricevuto dal numero due Oms Ranieri Guerra, già braccio destro del ministro della Salute Beatrice Lorenzin.

«Una cospirazione tra l'Oms e il governo italiano», come ha scritto il quotidiano inglese The Guardian? È quello che hanno chiesto a Zambon, il quale con la semplice frase «rinuncio all'immunità diplomatica» ha anche disinnescato il pasticcio in salsa diplomatico-giudiziaria che aveva coinvolto anche i ministri della Salute Roberto Speranza e quello degli Esteri Luigi di Maio. Già, perché l'Oms aveva posto il proprio ok (mai arrivato) come condizione irrinunciabile all'interrogatorio. A convincere il ricercatore veneziano a presentarsi sarebbe stato - ironia della sorte - il «via libera» dello stesso Ranieri Guerra, che su Facebook qualche giorno fa aveva scritto: «I ricercatori (Oms, ndr) hanno il dovere di farlo (testimoniare, ndr), perché non rinunciano all'immunità e vanno?». Non è escluso che sull'esempio di Zambon nei prossimi giorni potrebbero offrire il loro contributo alle indagini anche gli altri dieci ricercatori Oms.

Il verbale dell'interrogatorio è stato secretato ma da quel che trapela da alcune fonti in più di una circostanza la versione di Guerra e quella di Zambon non coinciderebbero. Ed è plausibile pensare che il numero due Oms nei prossimi giorni potrebbe essere nuovamente sentito dalla Procura di Bergamo, che indaga per epidemia colposa. Quello che vogliono capire i pm è semplice: l'Italia era pronta a gestire una pandemia? Non secondo la Procura: «C'è stata molta improvvisazione», aveva detto il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani al Corriere della Sera. Un'impressione che sarebbe stata confermata anche nel corso dell'interrogatorio di Zambon. Per i pm il piano pandemico italiano era fermo al 2006 e non sarebbe mai aggiornato, neanche nel 2016 come aveva detto Guerra agli inquirenti. Al centro dell'interrogatorio, durato alcune ore, oltre al famigerato report fantasma Oms (ritrovato grazie al comitato Noi denunceremo, che rappresenta i parenti delle vittime di Covid della Bergamasca e depositato in Procura), ci sarebbe anche un documento interno al ministero della Salute del 15 settembre 2017, firmato da Guerra, nel quale l'ormai uscente direttore generale lascia un promemoria al ministro per tramite del capo di gabinetto, nel quale raccomanda la stesura di un «nuovo piano nazionale di preparazione e risposta per una pandemia influenzale», proprio come chiede l'Oms.

Un documento che in parte smentisce la ricostruzione fatta da Guerra, che all'immunità diplomatica non ha certamente rinunciato, alla squadra di inquirenti guidata dal procuratore Chiappani, che vuole vederci chiaro anche sulla cosiddetta procedura del GHS Index, un report di autovalutazione su risorse, infrastrutture, politiche e procedure, personale esperto e formato a cui deve attingere un sistema sanitario pubblico durante una emergenza sanitaria.

Mancano gli anni 2012, 2013, 2014, 2015 e 2017, mentre nel 2016 la «pagella» del ministero della Sanità avrebbe messo (ingiustamente, alla luce del report Oms) l'Italia al livello 4, assieme alla Svizzera e a tutti i Paesi più avanzati del mondo. Chi l'ha deciso? E su che basi?

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