
Non ha cercato rifugio dietro i simboli del papato, non ha avuto paura di nascondere l'emozione quando la folla lo ha applaudito e acclamato. Un'immagine che rimarrà impressa nei cuori di tutti è quella della commozione di Leone XIV subito dopo aver ricevuto il pallio e l'anello del pescatore. Gli occhi umidi, proprio come il giorno dell'Habemus Papam. Non un Pontefice distante e distaccato, ma un uomo di Dio, un uomo semplice. Ieri mattina, sul sagrato di San Pietro, c'era principalmente quest'uomo, Robert Francis Prevost: quel missionario sempre al fianco dei campesinos, arrivato anche lui dalla fine del mondo, il Perù, come nuovo Vescovo di Roma e successore di San Pietro. Ricevendo le insegne episcopali petrine, Leone ha ceduto per un attimo all'emozione: ha guardato l'anello messogli al dito dal cardinale filippino Luis Antonio Tagle e, sguardo rivolto verso il cielo, ha tirato un sospiro profondo, conscio evidentemente della responsabilità che lo aspetta nel dover traghettare la Chiesa nel prossimo futuro. Sa, Leone XIV, di essere un uomo come tanti altri, senza nessun superpotere, chiamato dai cardinali a un compito estremamente gravoso. Confratelli che all'interno del Conclave hanno avvertito, ha raccontato Prevost durante la messa, «l'opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde nel nostro cuore in un'unica melodia». Non a caso, nel corso dell'omelia, il Pontefice ha voluto sottolineare di essere «stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia».
Parole che ci raccontano di quell'uomo discreto e riservato, che con umiltà ha sempre cercato di stare un passo indietro, cercando di schivare le luci dei riflettori. Lui stesso all'indomani dell'elezione ha detto, durante una messa con i cardinali elettori all'interno della Cappella Sistina, che «chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità deve sparire perché rimanga Cristo». Proprio per questa sua natura non vedremo forse un Papa dai gesti eclatanti, ma un Papa dai segni silenziosi: non un Pontefice che si mette sul piedistallo ma che, rimanendo in mezzo agli uomini, accetta con semplicità il compito affidatogli, ben consapevole del peso della croce che dovrà portare. Anche per questo fanno molto scalpore le notizie della sua vita personale che vengono pubblicate quasi tutti i giorni: la passione per il tennis, il tifo per la sua squadra del cuore di baseball, i Chicago White Sox, gli allenamenti in palestra vicino al Vaticano, le simpatie per la squadra di calcio della Roma, le partite online a Wordle contro suo fratello John, i pranzi in comunità dai confratelli agostiniani; tutti elementi che rendono il Vicario di Gesù Cristo ancora più vicino alla gente, ancora più umano.
Ad attirare l'attenzione dei media, ieri mattina, è stato anche l'abbraccio di Leone XIV al fratello maggiore Louis, arrivato con la moglie dalla lontana Florida. «Il Papa con quell'abbraccio ha rotto il protocollo», ha fatto notare più di un commentatore, segnalando che in occasioni del genere, il Pontefice, all'interno della Basilica di San Pietro si limita a ricevere l'omaggio dei sovrani, dei Capi di Stato e di Governo o dei loro rappresentanti, giunti a Roma per la Messa d'inizio pontificato.
Niente di clamoroso, anche questa volta: Leone con quel piccolo gesto, carico d'amore e d'affetto per
un familiare che forse non vedeva da qualche tempo, ci ha insegnato che sulla Cattedra di Pietro siede non soltanto un uomo, ma anche un fratello, che si mostrerà per quello che è. Anche a costo di cedere alla commozione.
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