L'altro anniversario di Mani Pulite: "La storia di Craxi narrata dai vinti"

Amarcord a Milano con Bobo e Pillitteri: "Poteva essere curato"

L'altro anniversario di Mani Pulite: "La storia di Craxi narrata dai vinti"

Milano. Alla fine, il vero protagonista di questo contro-anniversario è un piede. Un grande piede martoriato dalla cancrena, poggiato sulla sabbia di Hammamet e inquadrato in primo piano, a lungo, più volte. È il piede di Bettino Craxi, che l'altro giorno avrebbe compiuto 88 anni. E che invece dal gennaio del 2000 riposa nel cimitero del suo esilio tunisino. Quel piede malconcio era il segno del male che segnava Craxi, e che si sarebbe potuto curare se la Procura di Milano gli avesse consentito di tornare senza passare per la prigione; o se Francois Mitterrand, l'amico e compagno di un tempo, lo avesse accolto in Francia come tanti fuggiaschi politici.

Invece finì tutto diversamente. E i sopravvissuti socialisti dell'epoca di Mani Pulite si ritrovano in un cinema milanese, la sera del compleanno di «re Bettino», a celebrare a loro modo il trentennale di Mani Pulite. Si proietta il film che Paolo Pillitteri, cognato di Craxi e travolto dalla medesima tempesta, ha voluto realizzare due anni fa. É «La Tesi», girato da Ettore Pasculli che fu un regista di dichiarata fede socialista, e che ora dice: «È la storia più importante della mia vita, una storia di cui tutti abbiamo pagato le conseguenze». La storia dell'ascesa e del crollo di Craxi e del craxismo, tra potere assoluto e trionfante, inchieste, lanci di monetine. E la fine ad Hammamet, a trascinarsi in caffetano tra mercati e catapecchie.

Eccoli, i sopravvissuti: vecchi, vecchissimi, a volte malconci. Si conoscono tutti tra di loro, portano Borsalino improbabili, si mandano ghignando a quel paese raccontandosi i tempi antichi. Pasculli arriva con un garofano all'occhiello e lo infila nel taschino di Bobo Craxi, incanutito pure lui. Pillitteri ha dimenticato l'apparecchio acustico, e così Dario Carella - che fu vicedirettore craxiano del Tg2 - deve urlargli le domande. «Il film si chiama la Tesi perché è di parte, è una provocazione, è la storia raccontata dai vinti», dice l'ex sindaco di Milano. Poi racconta della prima volta che conobbe Craxi, allora giovane assessore all'economato, presentato da Carlo Tognoli. «Quando seppe che mi occupavo di cinema mi disse: non capisci un tubo, la politica è più importante di tutto».

In sala sorridono, si danno di gomito sui cappotti fuori moda. Perché quello è proprio il loro Bettino, il leader splendido e arrogante che per quindici anni fece a pezzi i loro sensi di colpa, e sfidò a fronte alta il Moloch comunista. Eccolo il filmato clou, con Berlinguer attonito e livido sommerso di fischi al congresso del Psi, e Craxi che infierisce: «Non mi unisco a questi fischi (pausa) solo perché non so fischiare». Che nostalgia.

Dell'indagine che trent'anni fa spazzò via il loro mondo il film racconta ai reduci la tesi di allora e di oggi, la porcheria orchestrata da un ex poliziotto di oscuri trascorsi.

Come tutti i reduci, aspettando che si spengano le luci di sala, fanno i conti di chi c'è ancora e di chi è morto: «Ah sì? Quando?». Sopra l'Anteo svettano nel cielo stellato le tre torri milanesi di Citylife. Pillitteri: «Belle, eh. Ma la mia giunta venne fatta cadere su una variante edilizia che aveva la metà di queste cubature».

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