Politica estera

L'Arizona è feudo di Biden. Trump urla ancora "brogli"

Torna in parità (49-49) il conto per il Senato. In Nevada la rimonta dem. Crollo dei trumpiani

L'Arizona è feudo di Biden. Trump urla ancora "brogli"

New York. Da feudo repubblicano a presidio democratico, l'Arizona si conferma la nuova conquista del partito dell'Asinello replicando nel voto di Midterm il successo registrato già alle elezioni presidenziali del 2020. Ed ora le sorti della Camera Alta del Congresso Usa dipendono dalla serratissima corsa in Nevada e dal ballottaggio in Georgia, lo Stato che si sta rivelando sempre di più ago della bilancia degli equilibri politici a stelle e strisce.

Nel Gran Canyon State la corsa per il Senato viene vinta daI democratico ex astronauta Mark Kelly, che ha mantenuto il seggio dopo una battaglia all'ultimo voto contro il repubblicano Blake Masters, un venture capitalist sostenuto da Donald Trump. E proprio l'ex presidente dopo l'ufficializzazione del risultato è tornato a citare la teoria delle elezioni truccate nello stato. «Idioti e probabilmente corrotti funzionari hanno perso il controllo delle elezioni in Arizona. Una nuova elezione deve essere convocata immediatamente», ha scritto il tycoon sul suo social Truth.

Quella di Kelly è una vittoria molto importante per l'Asinello, che ora è a un solo seggio dalla maggioranza al Senato: al momento la situazione è di testa a testa per 49 pari, e mancano da assegnare due seggi, il Nevada e la Georgia, che andrà al ballottaggio il 6 dicembre dopo il confronto a tre che ha visto, assieme ai candidati Gop e Dem, correre anche un esponente del partito libertario (movimento conservatore di destra). Nel caso ci fosse un'ulteriore parità dopo i risultati dei due stati, con 50 seggi a 50, il Senato sarebbe a maggioranza democratica grazie al voto della vice presidente Kamala Harris.

Ma potrebbe essere anche il Nevada a consegnare la Camera Alta al partito del presidente Joe Biden dopo una clamorosa rimonta della senatrice in carica Catherine Cortez Masto contro il candidato repubblicano Adam Laxalt, il cui vantaggio si è ridotto dai circa 10mila voti di venerdì agli appena 850 di ieri.

Intanto, in Arizona, i dem hanno messo a segno un altro colpo con la vittoria di Adrian Fontes come segretario di stato, un ruolo importante perché è colui che supervisiona le elezioni e ne certifica i risultati. Fontes ha battuto il repubblicano Mark Finchem, ferreo sostenitore della teoria del voto rubato di Trump, ma anche membro del gruppo di estrema destra degli Oath Keepers e uno dei manifestanti che ha partecipato all'assalto di Capitol Hill il 6 gennaio 2021. In qualità di legislatore statale, Finchem ha introdotto diverse risoluzioni che cercavano di decertificare i risultati delle ultime presidenziali in tre principali contee dell'Arizona, oltre a un disegno di legge che darebbe ai funzionari il potere di rifiutare i risultati elettorali.

Negli ultimi anni, e in particolare dal 2020, il Grand Canyon State è passato dall'essere una roccaforte rossa (colore del Grand Old Party), a culla dei dem, una parabola determinata da diversi fattori. Tra cui la crescita della componente ispanica tra gli elettori, i latinos regolarizzati e quelli di seconda generazione aventi diritto al voto che hanno spostato il baricentro verso sinistra. Poi l'urbanizzazione delle contee, che ha portato a una riduzione della componente rurale più legata al Gop. E infine la migrazione di un gran numero di persone dalla California, per le quali l'Arizona sta diventando sempre più appetibile grazie al costo della vita più basso (dalle case alle tasse), meno traffico e ottime scuole.

Visto che sono soprattutto i dipendenti del settore tecnologico a trovare nell'Arizona una meta attraente, portano con loro la cultura e il voto liberal tipici della West Coast.

Commenti