Praticamente sconosciuta prima di diventare vicepresidente del governo spagnolo e ministro del Lavoro nell'esecutivo di coalizione del premier socialista Pedro Sánchez nel 2020, Yolanda Díaz, 52 anni, è riuscita, dopo tumultuosi negoziati, ad unire 15 partiti della variegata sinistra spagnola, compreso ora Podemos. Ex membro del Partito Comunista, a 23 anni leader di Esquerda Unida, negli ultimi anni si è presentata in tre occasioni con Podemos. Avvocato giusvalorista, come ministro del Lavoro si è battuta per l'aumento del salario minimo e la riduzione del precariato. «Abbiamo bisogno di salari migliori - sostiene - soprattutto in un Paese in cui le cause dell'inflazione sono gli enormi margini delle corporation».
Ha rivendicato che il suo obiettivo è quello di diventare «la prima presidente del governo della Spagna perché il momento delle donne deve venire e le donne vogliono essere quelle che fanno la storia». Eppure lo scorso maggio, accusando Vox di avere «un programma nascosto» in materia di lavoro «con restrizione del diritto di sciopero, contrattazione collettiva, privatizzazione delle pensioni», ha detto che la premier Giorgia Meloni porta avanti riforme «contro i lavoratori», sottolineando che il partito di estrema destra spagnolo si ispira alle politiche di Fratelli d'Italia.
Tra le sue proposte elettorali, ce n'è una
destinata agli elettori più giovani, quella di «un'eredità universale» di 20mila euro per ogni giovane tra i 18-23 anni per aiutarlo ad iniziare la propria vita. Con i fondi recuperati tassando le grandi fortune economiche.
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