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L'Inghilterra fa muro, l'Italia solo un muretto

Londra prepara una legge contro. II ministro Abodi: "Il 10 gennaio vertice Ue per trovare posizioni condivise"

L'Inghilterra fa muro, l'Italia solo un muretto

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di Franco Ordine

Il muro rappresentato dalla posizione dominante di Uefa e Fifa è crollato di primo mattino con la pubblicazione della sentenza firmata dai giudici della corte Ue sul ricorso del tribunale di Madrid (iniziativa di Florentino Perez, presidente del Real). Nel giro di qualche ora, gli stessi protagonisti del calcio ufficiale, hanno provato a rialzarne un altro, ancora più alto se possibile, puntando ieri come due anni prima, sull'aiuto del governo inglese. Da Londra infatti è partita la contro offensiva (da fonti governative immaginato un dispositivo di legge per vietare la partecipazione dei club inglesi alla superlega non avendo obblighi Ue, ndr) raccolta al volo anche dagli altri partner europei. Il ministro dello sport Andrea Abodi ha dato notizia della riunione fissata per il 10 gennaio a Bruxelles con la partecipazione dei governi dei paesi di area Ue al fine dichiarato di studiare la materia partendo da «posizioni condivise». E qui è proseguita la costruzione del muro che ha avuto come protagonisti le istituzioni calcistiche nazionali. Gabriele Gravina, presidente della federcalcio, che 24 ore prima si era lanciato in una crociata preventiva minacciando «la non partecipazione ai campionati nazionali» per i club che avessero aderito alla superlega, ha firmato una nota nella quale con toni meno perentori, ha segnalato che «nel rispetto delle leggi nazionali e internazionali agirà in tutte le sedi in difesa dei campionati». Come avrebbe detto qualche esponente storico di un altro secolo: la guerra continua. Cambiato il registro della comunicazione è rimasta, negli uffici di via Allegri a Roma, la convinzione che attraverso la licenza per la partecipazione ai campionati, il veto eventuale della Figc sia ancora praticabile. Di sicuro la dichiarazione della federcalcio è una risposta tesa a raccogliere il grido di dolore lanciato dallo stesso presidente del Coni Giovanni Malagò («lo scudetto così resterebbe marginale»).

Appena però il dibattito si è trasferito sul versante interno alla serie A, il fronte si è diviso. E se Inter e Roma hanno prontamente comunicato di non essere interessati all'eventuale superlega, di segno opposto è apparsa invece la nota diffusa dalla società Napoli con AdL «interessato ad aprire un dialogo sulla materia» partendo - da tempi non sospetti - da posizioni molto critiche nei confronti dell'attuale gestione dell'Uefa e in sintonia quasi perfetta con il commento di Florentino Perez del Real Madrid («i club diventano finalmente padroni del proprio destino»). Posizione simile per la Lazio, «pronti a valutare ponendo sempre la centralità dei campionati» ha spiegato Lotito. E se Andrea Agnelli ha pubblicato il post nel quale, citando una canzone degli U2, ha dato conto del proprio stato d'animo («abbattere i muri fino alla fine»), la Juve ha lasciato passare solo un «nessun commento» che vuol dire semplicemente restare alla finestra, in attesa di sviluppi. Così come il Milan che ha tenuto fuori dalla mischia il proprietario Gerry Cardinale, licenziato un «non conosco la sentenza» di Stefano Pioli e - al culmine di una laboriosa consultazione - fatto conoscere la propria posizione che è poi identica a quella suggerita dalla Lega serie A (al termine di una riunione d'urgenza del consiglio): aspettiamo e vediamo. L'unica annotazione divertente di tutto questo dibattito fiorito sui social è stato il post scherzoso del Pescara calcio che ha comunicato «non avendo ricevuto alcun invito per partecipare alla Superlega, non rilascerà alcuna dichiarazione». La conseguenza buffa è stata che qualche sito ha preso sul serio il comunicato inserendo il Pescara tra i club europei contrari, dietro i giganti della Premier e della Bundesliga. A proposito di news di discutibile valore, dalla Spagna questa volta è partita l'indiscrezione secondo cui il famoso contratto originario della superlega prevedeva «penali da 300 milioni di euro ciascuno per i soci fondatori che si fossero sfilati», riferimento a Juve e Milan, con l'esclusione dell'Inter che prevedeva la fuga «nel caso di parere contrario degli sponsor». Alla fine l'ultima chiosa dell'ad di A22, Bernd Reichart, la società rinnovata che ha preso in custodia il progetto di Superlega, ha fornito il vero senso del futuro. Ha scritto: «Siamo aperti al dialogo con tutti gli attori e pronti a rispettare le regole».

Tradotto: sediamoci intorno a un tavolo e proviamo a trovare un accordo.

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