Manovra ancora bloccata. Il Superbonus divide governo e maggioranza

Il Tesoro non ha presentato gli emendamenti. Clima teso sugli sgravi per ristrutturare casa

Manovra ancora bloccata. Il Superbonus divide governo e maggioranza

Neanche ieri il governo ha presentato il proprio pacchetto di emendamenti alla manovra ed è stata annullata la convocazione della commissione Bilancio chiamata a votarli. Oggi dovrebbe essere il giorno fatidico in modo da consentire al testo della legge di Bilancio di approdare in Aula a Palazzo Madama lunedì prossimo e chiudere la prima lettura per il 23 dicembre. Il condizionale, però, è d'obbligo perché il ritardo è causato soprattutto da disaccordi politici oltreché da problemi tecnici legati al fatto che la produzione legislativa è ormai interamente delegata al ministero dell'Economia che ha numerosi provvedimenti da licenziare (il decreto Pnrr è stato approvato mercoledì notte alla commissione Bilancio della Camera; ndr).

I problemi politici, invece, sono di varia natura. Il primo e più importante si chiama Superbonus 110%. Tutti i partiti della maggioranza sono d'accordo sull'eliminazione del vincolo dei 25mila euro di Isee per la sua applicazione nel 2022 alle abitazioni unifamiliari con una soglia del 30% di lavori completati entro il 30 giugno. Il governo non ha fornito ancora una risposta definitiva perché la misura ha un costo elevato (14 miliardi già impegnati nei primi 11 mesi del 2021) e quindi il ministro dell'Economia, Daniele Franco, oppone resistenza. In questo pacchetto di emendamenti potrebbe rientrare anche l'incremento delle spese detraibili con il bonus mobili da 5mila a 10mila euro. La commissione di Bilancio del Senato si è così dedicata ieri a un esercizio teorico: la scrematura degli emendamenti segnalati per concentrare su un minor numero di interventi i 600 milioni a disposizione dei parlamentari per le modifiche.

Lo sciopero generale indetto da Cgil e UIl ha contribuito a rendere più elettrico il clima. In risposta ai sindacati il tesoro aveva fatto sapere che la rimodulazione dell'Irpef da 7 miliardi (cui si aggiungono gli 1,5 miliardi per il taglio una tantum del cuneo fiscale fino a 35mila euro di reddito lordo) sono vantaggiosi per i redditi bassi». Il viceministro dell'economia, Laura Castelli, ha presentato l'esempio di una famiglia monoreddito a 10mila euro con due figli che avrà un vantaggio da 1.188 euro, combinando gli effetti al taglio dei contributi e dell'assegno unico. Ma proprio sull'assegno unico l'Ufficio parlamentare di Bilancio, l'authority sui conti pubblici, aveva segnalato l'opportunità di modifiche considerato che, a parità di reddito, «la sola presenza di un'abitazione di residenza di proprietà con valori superiori alle franchigie dell'Isee può ridurre anche sensibilmente l'assegno unico rispetto a chi non la possiede».

Sulla casa potrebbe, perciò, gravare una doppia patrimoniale: l'Imu e l'assegno unico ridotto per una minoranza di proprietari immobiliari con figli. Ed è proprio qui che si annida il vero scontro politico: sulla delega fiscale che andrà discussa a gennaio. Durante la discussione generale Lega, Fdi e Fi si sono schierati compatti contro la revisione delle regole del catasto. E negli emendamenti il centrodestra chiederà lo stralcio della misura che, invece, il centrosinistra difende dopo essere stato sconfitto sul «contributo di solidarietà» per il caro-bollette a carico dei redditi annui lordi sopra i 75mila euro.

Intanto, dal fronte macroeconomico giungono i primi segnali di una frenata del quadro macroeconomico. Confcommercio teme un rallentamento del Pil dello 0,3% a dicembre che non dovrebbe però intaccare il +6,2% già acquisito per l'anno in corso. La recrudescenza del Covid e l'inflazione potrebbero rappresentare un mix nocivo sui consumi di Natale che arriva (Fipe già prospetta 500mila clienti in meno per il 25).

L'indagine congiunturale di Federmeccanica, invece, ha rilevato nel terzo trimestre del 2021una crescita dell'attività metalmeccanica dello 0,7% sui tre mesi precedenti (chiuso il gap con il pre-Covid) ma a settembre i prezzi alla produzione si sono infiammati dell'11,6% e il 26% delle aziende pensa di fermare per un po' le operazioni.

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