Politica estera

Ora è Orbán a tenere la Svezia fuori dalla Nato

Il premier di Stoccolma declina l'invito a Budapest. Il partito del leader ungherese diserterà il voto

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Il giorno dopo Bruxelles festeggia lo scampato pericolo: la città ha superato (sia pure con qualche danno) l'assalto dei contadini di mezza Europa; le istituzioni europee hanno evitato la crisi politica grazie all'accordo per i 50 miliardi di aiuti all'Ucraina. Mai in tempi recenti si era stati così vicini alla «scomunica» di un Paese membro, l'Ungheria (la minaccia era quello di privarla del diritto di voto), mai la credibilità della politica estera continentale era stata così a rischio implosione.

Ogni giorno, però, ha la sua pena. Anche se il protagonista resta lo stesso: Victor Orbán. Superato l'ostacolo dei rapporti Ucraina-Ue si è immediatamente riaperto il minuetto sull'ammissione della Svezia alla Nato.

Dopo il via libera della Turchia, l'Ungheria è l'unico Paese dell'alleanza a non aver ratificato l'ingresso degli scandinavi. Giovedì, a margine delle trattative sull'Ucraina, Orbán è il premier svedese Ulf Kristerrson si sono parlati per un quarto d'ora o poco più. Il primo aveva invitato il secondo a Budapest per parlare dei rapporti di collaborazione tra i due Paesi. Il premier svedese ha ancora una volta declinato l'invito. «Il problema di altri negoziati per la Svezia non si pone. Su questo fronte abbiamo fatto quello che dovevamo». Dei rapporti con l'Ungheria parleremo una volta entrati nella Nato, da partner a partner, ha aggiunto Kristersson.

Le cose, però, non sono così semplici. Il parlamento ungherese, la cui prima riunione ordinaria è fissata per fine febbraio, aveva convocato i deputati per una sessione straordinaria lunedì prossimo. In programma, appunto, il voto sulla Svezia. A condizione, però, che i due capi dell'esecutivo si incontrassero prima. Visto che il vertice, almeno per ora non si farà, la previsione è che i deputati di Fidesz non si presenteranno. Il voto slitterà almeno di un mese e l'attesa della Svezia, che dura ormai da più di un anno e mezzo, pare destinata a prolungarsi. Anche su questo Orbán sembra deciso a non venir meno alla fama di «Gianburrasca» europeo. Ieri, dai microfoni di Radio Kossuth, un'emittente statale, ha presentato con toni forti all'opinione pubblica interna i risultati dell'accordo sull'Ucraina. «Non daremo armi e non daremo soldi per le armi», ha sottolineato Orbán, che ha sottolineato che l'invio dei 50 miliardi appena deciso ha oggetto spese civili e «l'obiettivo di evitare la bancarotta ucraina, sicura senza l'aiuto di Ue e Usa».

Dobbiamo far tornare la pace, ha aggiunto, «purtroppo i leader europei a Bruxelles discutono secondo una logica di guerra».

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