Gli Orlandi contro il Vaticano. "Scaricabarile senza dignità"

Pietro e Natalina, fratelli di Emanuela: "Da zio solo avances verbali, non era a Roma. Responsabilità di altri su di noi"

Gli Orlandi contro il Vaticano. "Scaricabarile senza dignità"
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La famiglia Orlandi respinge con forza la pista familiare: la scomparsa di Emanuela non ha nulla a che fare con quello che è accaduto tra lo zio della quindicenne e la sorella maggiore nel 1978. Quelle che Natalina Orlandi chiama «piccole avance verbali», nulla di più. Una vicenda già nota, considerata lo scivolone di un uomo, allora cinquantenne e ormai morto, alla quale la stessa Natalina, allora 21enne, non avrebbe dato troppo peso e che invece adesso sarebbe stata tirata fuori «per spostare l'attenzione dall'interno del Vaticano a fuori». Parola degli Orlandi.

La notizia, nota ai magistrati e riproposta lunedì da un servizio del Tg La7 sulle presunte molestie subite dalla sorella Natalina da parte dello zio, Mario Meneguzzi, ha mandato su tutte le furie Pietro, il fratello di Emanuela, da 40 anni alla ricerca della verità, che ieri ha convocato una conferenza stampa per stroncare sul nascere qualsiasi illazione su un possibile coinvolgimento della famiglia nella scomparsa da Roma della cittadina vaticana il 22 giugno del 1983. Un mistero sul quale stanno ancora indagando la Procura della Santa Sede e quella della capitale. Per Pietro Orlandi, però, la pubblicazione della notizia, senza che nessuno lo avesse prima informato, sarebbe soltanto l'ennesimo depistaggio. «Diddi sta lavorando per arrivare a una verità di comodo, non alla verità», taglia corto. Alessandro Diddi è il promotore di Giustizia dello Stato Vaticano che ha riaperto il fascicolo d'inchiesta sul rapimento e che ha inviato alla Procura di Roma un carteggio riservato - sollecitato da ambienti investigativi romani - tra l'allora Segretario di Stato Vaticano Agostino Casaroli e un sacerdote sudamericano inviato in Colombia da Giovanni Paolo II, che era stato in passato consigliere spirituale e confessore degli Orlandi, per capire se il religioso fosse a conoscenza del fatto che Meneguzzi avesse molestato la sorella maggiore di Emanuela. Il religioso confermò perché in effetti Natalina si era confidata con lui, oltre che con il fidanzato dell'epoca, oggi suo marito. Un episodio che all'epoca, cinque anni prima della scomparsa di Emanuela, la turbò ma che non ebbe seguito. «Non esiste stupro, mio zio mi fece solo semplici avance verbali, un regalino, poi tornò sui suoi passi. Al momento fui scossa, ma finì lì. Lo raccontai solo al nostro sacerdote in confessione. Questo fu il rapporto con mio zio e infatti le nostre famiglie sono unite. Questa cosa la tenni per me, poi nell'83 mi hanno chiamato e subii un interrogatorio. Erano cose che sapevano tutti, magistrati e investigatori». L'ipotesi, esclusa dagli Orlandi, è che Meneguzzi possa aver molestato anche Emanuela e aver avuto a che fare con la sua scomparsa. L'uomo, che aveva un bar alla Camera dei Deputati e aveva gestito le prime telefonate con i rapitori, ha sempre detto di trovarsi a Torano, in provincia di Rieti, il giorno in cui sparì nel nulla sua nipote. «Non ho prove documentali - dice Natalina - ma ho chiaro il ricordo di mio padre che, non vedendo rincasare Emanuela, chiamò il fratello Mario al telefono fisso, all'epoca non esistevano i cellulari, di una casa dalle parti di Borgorose nel reatino. Zio era in vacanza con la moglie e i figli». Natalina liquida come «ridicola» la questione della somiglianza tra Meneguzzi e l'identikit dell'uomo visto con Emanuela l'ultimo giorno. «Parlavano tutti di un trentenne e lui aveva più di 50 anni», dice. La pubblicazione dell'identikit dello zio ha dato fastidio a Pietro: «È stata una carognata, mai avrei pensato che potessero scendere così in basso. Il Vaticano ha bruciato le ultime briciole di dignità». Il fratello di Emanuela ora confida nella commissione d'inchiesta. «Se parte, la verità esce fuori, ma c'è qualcuno dietro a Diddi che non la vuole. La verità fa male a qualcuno e non può essere quella di mio zio.

In Vaticano sanno cos'è successo, lo sapeva Wojtila, lo sapeva Ratzinger e probabilmente lo sa anche Francesco. Per 10 anni si è comportato come i suoi predecessori, ma io vorrei incontrarlo per raccontargli delle carogne che ha attorno, laici e prelati».

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