Pace Israele-Emirati, effetto domino nel Golfo. Ira Erdogan: "Traditori"

Bahrein, Oman e Marocco pronti a seguire la strada tracciata da Trump.

Pace Israele-Emirati, effetto domino nel Golfo. Ira Erdogan: "Traditori"

Sembra davvero difficile, per alcuni, sopportare la pace, ma eccola qua: per la terza volta dall'inizio della storia di Israele essa si ripresenta nonostante i «no» infiniti da cui è stata sommersa senza riguardo per le offerte, per la sofferenza, per la miseria. L'accordo Israele-Emirati, promette acqua, tecnologia, energia, eppure si stanno già disegnando due eserciti, uno a favore l'altro contro, che si combattono, l'uno per farlo avanzare e l'altro per contrastarlo nascondendosi dietro il consueto scudo della «causa palestinese».

La quale, invece, tanto è stata guardata con rispetto anche stavolta che la condizione per il patto fra il principe Bin Zayed, Netanyahu e Trump come mallevadore, è la messa da una parte dell'accordo del secolo cui l'amministrazione Trump aveva lavorato concludendo che i palestinesi avrebbero avuto il 70 per cento della zona C e Israele il 30 inclusa la Valle del Giordano sotto la propria sovranità. La pace si è conclusa rinunciando al piano, e tuttavia i palestinesi la dichiarano un tradimento, un abbandono arabo, decidendo così che le uniche condizioni valide sono le loro, per tutti. L'esercito del passato, dello scontro senza fine, fa accoliti e da ieri uno dei suoi capi è, inopinatamente, Erdogan, che, con l'Iran testa a testa, l'uno sunnita e l'altro sciita, combatte per la primogenitura nella leadership dell'Islam puntando sull'odio per Israele. Erdogan ha annunciato che riporterà a casa il suo ambasciatore per fare un dispetto a Bin Zayed; mentre il gentile Mohammad Javad Zarif, ministro degli esteri iraniano, accusa gli arabi di abbandonare la causa palestinese a favore di un regime inqualificabile come quello Israeliano, dice lui che ha l'esercito in guerra per tutto il Medio Oriente e a casa un regime vero, che perseguita i dissidenti e impicca gli omosessuali. La reazione dell'Unione Europea per bocca del commissario Borrell, è tiepidina: «Qualsiasi passo è benvenuto quando si parla di pace, purchè poi si vada a due stati per due popoli». In realtà Bin Zayed ha già scritto nell'accordo stesso che si tratta di una road map che avrà il suo compimento quando si verrà incontro alle esigenze dei palestinesi. Ma è così innovativo e coraggioso che un accordo intanto sia stato firmato. Ed è la prima volta che questo avviene nella prospettiva di una pace generale, e se Biden venisse eletto, non potrà ignorare che il quadro geopolitico ha adesso una componente araba amica di Israele, in ampiamento e molto contraria all'Iran. Adesso è molto evidente che la nuova situazione mediorentale disegna due blocchi, di cui uno ha finalmente inglobato il concetto che Israele lungi da essere un danno porta frutti positivi. Chi fa parte di questo schieramento? L'Egitto, che si è congratulato, il Bahrein e l'Oman che si dice sia il prossimo nella lista, e anche il Marocco. La pace che vuole essere buona è una grande rivoluzione. La strada per raggiungerla era stata contrassegnata da tre «No» giganteschi sin dal 1947, no alla pace al riconoscimento, ai negoziati. I Paesi arabi l'avevano scelta come bandiera di unità. La pace era impervia, carica di maledizioni e insulti per chi ci si avvicinasse. La proibizione di accettare Israele era essenziale, è il divieto basilare proveniva dai palestinesi e dall'Islam radicale che se ne faceva scudo. Adesso da questa parte della barricata si affaccia, cautamente, anche l'Arabia Saudita.

Nel frattempo cresceva la preoccupazione per l'aggressività del regime degli Ayatollah che arrivava fino in Siria, in Iraq, in Yemen oltre ad occupare il Libano con gli Hezbollah poi utilizzati in Siria. La determinazione a salvarsi è diventata strategica quando Obama ha fatto la scelta di bilanciare i due mondi con l'accordo con l'Iran del 2015. Ma ora Trump ha aperto la strada. La pace sembra di moda.

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