Guerra in Ucraina

Il Papa e l'impero: Mosca esulta, grande freddo con Kiev

Il capo dei cattolici ucraini: «Dolore e preoccupazione». Più complicata l'ipotesi di mediazione

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Di questo passo sembra difficile che la Chiesa Cattolica possa giocare un ruolo significativo in possibili negoziati di pace sul conflitto ucraino. Perchè la diffidenza tra il Vaticano e Kiev invece di diminuire aumenta sempre più. L'ultimo incidente sono le parole di Papa Francesco sulla «Grande madre Russia» e sulla sua eredità che deve essere ricordata dai giovani del Paese. Il pontefice le ha pronunciate venerdì scorso, in collegamento video con i ragazzi cattolici russi riuniti a San Pietroburgo, «eredi della Grande Russia di Santi, condottieri, di Pietro il Grande e Caterina II. Quell'impero grande e colto, di tanta cultura, di tanta umanità».

Nel testo scritto le frasi non c'erano, ma le immancabili registrazioni fanno testo. Un incidente, appunto. Che ha dato spunto ai nostalgici per rimpiangere le tradizioni della diplomazia vaticana di un tempo, quella impersonata dal cardinale Agostino Casaroli, per anni protagonista della Ostpolitik della Chiesa. Ora le cose sono cambiate: la struttura ufficiale, dal Segretario di Stato ai nunzi apostolici, sembra non essere lo strumento privilegiato del Pontefice, come dimostra la scelta del Cardinale di Bologna Matteo Zuppi per la missione russa. Proprio i russi ieri non hanno mancato ieri di commentare le parole del Papa. L'esultanza era trattenuta a stento: «È molto positivo che il Papa conosca la storia. La nostra storia è profonda. Le sue radici sono molto profonde», ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.

Di segno, come ovvio, contrario le reazioni in arrivo da Kiev. Tra il dispiacere e l'imbarazzo quella dell'Arcivescovo maggiore della Chiesa greco cattolica ucraina, sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk (numero uno degli ucraini che si riconoscono nel Pontefice). Le parole del Papa hanno provocato «grande dolore e preoccupazione», ha detto, visto anche il rischio che «ispirino le ambizioni neo- colonialiste del Paese aggressore». I nomi pronunciati da Papa Francesco, tra l'altro, non potrebbero essere per gli ucraini più urticanti. Come sottolineato dallo stesso arcivescovo, «sono il peggior esempio di imperialismo e di nazionalismo estremo dei russi». Pietro e Caterina II inflissero le sconfitte più dure ai cosacchi ucraini (a cui si riconnette il moderno senso dell'identità nazionale) fino a spazzare via ogni minima ambizione di indipendenza.

All'apparenza dalle parti del Vaticano si fa fatica a comprendere il punto di vista ucraino sulla questione, giù in passato il papa era sembrato spiegare il conflitto con l'espansionismo della Nato. Intervistato qualche mese fa dal Foglio, l'Arcivescovo maggiore Shevchuk aveva cercato di spiegarlo: «Noi oggi avvertiamo che le idee sulla grande cultura russa sono un mito e testimoniamo una realtà del tutto diversa». Il paragone che si può fare diceva allora l'Arcivescovo, era quello con la Germania della seconda guerra mondiale. Si dice «tedesco» e c'è chi pensa alla grande storia di una civiltà, ma le popolazioni invase e le vittime non possono che pensare alla crudeltà e all'inumanità di un'invasione.

Si spiegano così le parole del portavoce del ministero degli Esteri ucraino Oleg Nikolenko: «È davvero un peccato che le idee di potenza russe, causa della aggressività cronica di Mosca, consapevolmente o inconsapevolmente, escano dalle labbra del Papa, la cui missione dovrebbe essere quella di aprire gli occhi della stessa gioventù del Paese sul corso distruttivo dell'attuale leadership».

A cercare di metterci una pezza è stato Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa Vaticana: «Com'è chiaro dal contesto, il Papa intendeva incoraggiare i giovani a conservare e promuovere quanto di positivo c'è nella grande eredità culturale e spirituale russa, e certo non esaltare logiche imperialistiche e personalità di governo».

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