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Patuanelli non si accontenta del flop: "Il reddito minimo va ampliato"

Nonostante i problemi strutturali, il ministro Patuanelli continua a volere il reddito di cittadinanza. "La misura è andata bene, va rifinanziata"

Patuanelli non si accontenta del flop: "Il reddito minimo va ampliato"

Nonostante gli enormi problemi di occupazione che continua a creare, il fallimento del progetto e l'enorme costo per i contribuenti, c'è chi ancora chiede a gran voce il reddito di cittadinanza così com'è stato progettato e pensato dai grillini.

Patuanelli: "Non va messo in discussione"

"Mettere in discussione il reddito di cittadinanza, in questa fase che sta vivendo il Paese, è inspiegabile e immotivato: se certe tensioni sociali non si sono sviluppate è proprio grazie a uno strumento così profondo di sostegno al reddito", ha affermato il ministro dell'Agricoltura Stefano Patuanelli, in un'intervista rilasciata a La Stampa, difendendo con le unghie e con i denti il cavallo di battaglia del Movimento 5Stelle, aggiungendo che si tratta di "una misura che è andata bene e che deve essere rifinanziata, potenziata e ampliata il più possibile". Con il decreto fiscale di venerdì scorso, è stata rifinanziata la misura per quest'ultimo scorcio di 2021 "perchè purtroppo sempre più persone, anche a causa della pandemia, hanno avuto necessità di un sostegno al reddito: sono un milione e 400mila famiglie, con un valore medio di 546 euro a nucleo. Ciò vuol dire che stiamo parlando di persone che vivono sotto la soglia di povertà o molto vicino, e mettere in discussione questo strumento è al di fuori dal tempo".

I danni del reddito di cittadinanza

Come ci siamo già occupati sul Giornale.it, le enormi falle e ambiguità di questa misura sta portando lo stesso Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, a valutare una stretta sia per l'enorme bacino di coloro che lo percepiscono senza possedere i requisiti necessari, sia per gli enormi costi che si accolla la collettività. Per dare un po' di numeri, ogni posto di lavoro “creato” con il reddito di cittadinanza è costato allo Stato circa 52mila euro, più del doppio di quanto ogni anno un imprenditore privato paga un operaio con contratto a tempo indeterminato e che lavora a pieno regine. In questo caso, il costo è intorno le 25mila euro, in pratica meno della metà. E poi, c'è la "comodità" di non cercare lavoro in modo spasmodico: gli ultimi dati indicano che, sebbene siano oltre un milione di coloro che percepiscono il reddito manifestando il desiderio di cercare un lavoro, soltanto 152mila sono riusciti nell'intento, in pratica poco più di uno su dieci. Semplice casualità o connessione causa-effetto? A pensar male si fa peccato ma ci si azzecca, recita un antico proverbio.

Ecco come può cambiare

Come sottolineato dalla Cgia di Mestre, il costo “appare eccessivo per un numero così limitato di persone entrate nel mercato del lavoro”, sottolineando come il reddito di cittadinanza “ha dimostrato di non essere uno strumento efficace”, anche se “chi è in difficoltà economica va assolutamente aiutato”. Per questo motivo, come abbiamo scritto sul Giornale.it, il presidente del Consiglio e il ministro dell'Economia, Daniele Franco, formulano ipotesi ad ampio spettro. La possibilità più concreta è la separazione del sussidio anti-povertà dall'incentivo al ricollocamento dei lavoratori. In buona sostanza, si riesumerebbe il vecchio Rei (reddito di inclusione) del governo Gentiloni. D'altra parte, circa i due terzi del reddito di cittadinanza (spesa di 750 milioni di euro mensili, circa 9 miliardi l'anno), è destinato proprio alle fasce più indigenti della società. Quindi, i poveri sarebbero salvaguardati.

A essere ripensato sarebbe il terzo restante che è dedicato alle politiche attive. In primo luogo, dovrebbe essere previsto un décalage, cioè una progressiva diminuzione nel corso della sua vigenza se il percettore non si industria per trovarsi un'occupazione. In secondo luogo, dovrebbe essere rafforzato il collegamento con il mondo del lavoro stesso. Il ministero del Lavoro punta a rafforzare i Centri per l'impiego da dove attualmente passa meno del 5% delle assunzioni. Per il resto, le persone si affidano alle agenzie per il lavoro e ai canali informali. Il ministro dello Sviluppo, Giorgetti, ha invece ipotizzato la trasformazione in "lavoro di cittadinanza", obbligando così che il lavoratore trovi occupazione.

Un'altra prova concreta è fornita dal Mise (Ministero per lo Sviluppo Economico), che fa sapere come molte aziende si lamentino di non riuscire a trovare manodopera non specializzata perché il reddito di cittadinanza fa concorrenza ai lavori caratterizzati da un basso stipendio.

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